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il mercato avido
di Vittorio Sordini

La prima e più importante tra le regole riportate nel vademecum del perfetto consulente finanziario, e sicuramente quella meno seguita, è: "primo non arrecare danno". Questa regola in realtà dovrebbe essere fatta propria in qualsiasi attività, prima fra tutte quella medica alla quale si riferiva il personaggio al quale è stata attribuita la frase. Nel caso della consulenza finanziaria la possibilità di arrecare danno è sempre in agguato. Gli elementi portanti della propensione ad arrecare danno sono sia la sfrontatezza sia l'eccesso di prudenza. In ogni caso l'incapacità di valutare correttamente il "rischio" è la principale fonte di danni arrecati. Se all'incapacità di valutare correttamente il "rischio" si aggiunge il conflitto di interesse la situazione diventa inevitabilmente precaria.

Nell'attività di consulenza finanziaria il conflitto di interessi dovrebbe essere assolutamente eliminato. Per raggiungere questo obbiettivo (eliminare il conflitto di interessi nell'attività finanziaria) cliente e consulente dovrebbero stabilire una parcella per la remunerazione dell'attività di consulenza indipendentemente dai risultati e soprattutto il consulente non dovrebbe in alcun modo ricevere alcun altro compenso da altri soggetti quali banche, sgr (società di gestione del risparmio), sicav (società di investimento a capitale variabile) o società di assicurazione che intervengono nel rapporto (consulente-cliente) fornendo i vari strumenti finanziari occorrenti al consulente per onorare l'impegno assunto nel confronti del cliente.

I proventi che inevitabilmente vengono percepiti dal consulente perché elargiti dai fornitori di strumenti finanziari dovrebbero essere interamente girati nelle casse del cliente. Questo modo di agire eliminerebbe completamente il conflitto di interessi tra consulente e cliente. Si potrebbe così proseguire nel tentativo di rendere assolutamente trasparente il rapporto tra consulente e cliente. In gioco, una volta eliminato il conflitto di interesse, rimarrebbero solo la soddisfazione del cliente e la reputazione del consulente. Per il consulente difendere la propria reputazione è molto difficile. Il consulente finanziario è sottoposto ad un continuo esame, con un elemento di disturbo quotidiano consistente nella quantità di informazioni che arrivano dalle varie fonti, fonti che troppo spesso non si limitano a riferire i dati, ma ne enfatizzano e ne amplificano la positività o negatività. In questo modo assistiamo nell'arco di una settimana al nascere, per poi repentinamente naufragare, di speranze di ripresa economica. Spesso le notizie vengono date senza collegarle al contesto. E' spesso capitato che sia stata sottolineata con enfasi una flessione di un listino di borsa del ben 2 per cento senza ricordare che la settimana precedente i listini avevano fatto registrare un incremento del 6%. Altre volte è stato annunciato un progresso del solo 0,30% enfatizzando la modestia del progresso (ma, per Bacco, quanto si deve guadagnare in un giorno?) basti pensare che lo 0,30% per 200 giorni lavorativi è il 60%.

Questo disturbo continuo è alla base della precarietà del rapporto tra consulente e cliente. Il cliente non dovrebbe mai dimenticare che il consulente lavora per raggiungere gli obbiettivi che si sono prefissi. Ogni obbiettivo ha bisogno delle risorse necessarie e soprattutto che sia fissato un tempo per essere raggiunto. Spesso il cliente trae delle conclusioni sull'operato del consulente valutandolo con troppo anticipo rispetto al termine fissato per il raggiungimento dell'obbiettivo. La situazione peggiore che si può determinare è la poca chiarezza o peggio ancora l'assenza di un obbiettivo. In questo caso si sta sempre sbagliando. Quando si parla di obbiettivo si riassume il concetto di risorse e di lasso di tempo necessari per raggiungerlo. Le risorse devono essere adeguate e adeguato deve essere il lasso di tempo fissato. Le risorse destinate ed il tempo individuato segnano il confine tra fantasia e realtà. L'istinto umano consiglierebbe di raggiungere l'obbiettivo con la minor quantità di risorse ed il minor tempo possibili; c'è in ogni caso un limite, oltrepassato il quale la reale possibilità diventa fantastica speranza.

E' la fantastica speranza che induce alla madre di tutti gli errori, cioè quello di non valutare correttamente il rischio. Esattamente, perché in realtà il rischio è l'opportunità e l'opportunità è il rischio. Correttamente si potrebbe affermare che il rischio va visto come una opportunità, ma non bisogna mai dimenticare che sfruttare una opportunità comporta sempre dei rischi. Gli addetti ai lavori hanno compiuto enormi sforzi per poter trovare delle unità di misura convenzionali del rischio, in modo tale da potersi confrontare senza la possibilità che ci fossero malintesi nell'interpretazione dei dati.

A complicare la situazione c'è l'inclinazione umana a modificare la percezione del rischio. Se si ascolta una rassicurante relazione sul buon andamento dell'economia e l'assenza di elementi negativi circa la possibilità di un cospicuo incremento dei listini azionari, la propensione al rischio tende ad aumentare e si muove in modo esponenziale con le buone notizie, per poi cadere repentinamente ed esponenzialmente con la caduta dei listini azionari. Quando le cose vanno bene si è disposti ad assumere maggiori rischi; se le cose vanno male resta molto difficile vedere le opportunità valutando serenamente il rischio. Quando si fissa un obbiettivo in realtà si individuano le risorse ed il lasso di tempo necessario al raggiungimento dello stesso. Ma a questo punto è necessario che il cliente risponda in modo assolutamente preciso e sincero alla seguente domanda: "di quale percentuale delle risorse disponibili destinate al raggiungimento dell'obbiettivo sono disposto a soffrire la perdita anche se solo temporanea?" Al di là delle unità di misura del rischio, che sono il pane quotidiano per gli addetti ai lavori, la risposta a questa domanda darà in modo inconfondibile l'esatta propensione al rischio del cliente.

Certamente questa è la domanda dalla quale non si può prescindere. Una volta che questa domanda ha ottenuto una risposta vera, il cammino verso il raggiungimento dell'obiettivo procederà senza che gli elementi di disturbo esterni producano le condizioni ideali perché il consulente finanziario possa arrecare danno. Da circa un decennio si stanno succedendo fatti che hanno messo in ridicolo quegli affabulatori con le loro favolette di guadagno certo abbinato a un adeguato orizzonte temporale di un investimento finanziario con sottostante azionario. Ma quale orizzonte temporale: con le batoste che arrivano ad intervalli sempre più ravvicinati è necessaria una gestione delle attività finanziarie altamente professionale, consapevole e fortemente condivisa con il cliente. Non è necessario trasformare i clienti in professori di economia, ma è necessario che essi siano in condizione di capire quello che il consulente sta facendo: i consulenti devono conoscere perfettamente tutti gli aspetti della materia che trattano e soprattutto devono anche essere prudenti. La prudenza non è in relazione al rischio, che è, come abbiamo già ricordato, una opportunità, ma è in relazione alla perfetta comprensione degli strumenti che si utilizzano. Questa affermazione si rende necessaria perché molto spesso si trovano sul mercato strumenti finanziari che non sono assolutamente quello che si pensa che siano e troppo spesso diventano di moda per i risultati eclatanti in termini di performance. Uno di questi strumenti è stato il detonatore dell'ultima crisi finanziaria e di fatto ha introdotto un nuovo elemento fino ad allora sconosciuto: il trasferimento del rischio di insolvenza. In altre parole chi ha confezionato quei prodotti finanziari ha trasferito il rischio di insolvenza delle proprie attività ad ignari clienti che cercavano solo prodotti con rendimenti accettabili a fronte di un modesto livello di rischio. Come al solito con il senno di poi l'arcano viene svelato, anche se come al solito l'arcano era sotto gli occhi di tutti. Sarebbe bastato il comportamento del buon padre di famiglia, cioè quello che pone la giusta attenzione ai particolari ed al quale non sarebbe potuto sfuggire che il maggior rendimento di certi prodotti non poteva essere legato alla maggiore qualità della gestione; utilizzando quella strategia che gli addetti ai lavori chiamano regressione avrebbe desunto che da una rapa non può uscire sangue; e se quello che esce è sangue, allora, per regressione, non si tratta di una rapa.

L'appunto sempre mosso verso colui che sottolinea gli errori dopo che questi sono stati scoperti è sintetizzato dalla frase "Certo...con il senno di poi .... Tutti sono buoni a...". Ma quale senno di poi: il ritornello è sempre lo stesso. Prendiamo ad esempio l'episodio dei titoli di debito dello stato Argentina. In quella occasione si era determinata una situazione ideale per far cadere nella trappola ignari risparmiatori. Diversi titoli di stato italiani a tasso fisso con cedole vicine al 10% andavano a scadenza ed i nuovi titoli in emissione avevano cedole vicine al 4%. Molti pensionati che utilizzavano le rendite finanziarie per integrare la pensione venivano colti dal terrore di dover ridurre drasticamente il già misero tenore di vita. Niente paura, ecco qua la soluzione: "bond Argentina": cedola vicino all'undici per cento. A nessuno veniva in mente di domandarsi perché ci fosse quella differenza di rendimento. Ma con il senno di poi... Questo ultimo esempio è sicuramente tra i più eclatanti, ma il cammino quotidiano è pervaso da difficoltà di questo tipo.

Recentemente è stato pubblicato un interessantissimo volume dal titolo "IL MERCATO AVIDO"- Finanza degli eccessi e regole tradite. L'autore, Antonio Taverna, docente universitario, è un profondo conoscitore della materia e si rivolge ai propri lettori comprovando sempre le proprie affermazioni con una disamina di dati puntuali. La grande esperienza maturata sul campo della revisione dei bilanci, associata all'attività di insegnamento gli ha permesso di procedere sempre con chiarezza. Capitolo dopo capitolo traspare l'orientamento di chi scrive, tuttavia senza mai ricorrere ad una forzatura, nel pieno rispetto delle logiche oggettive dei complessi argomenti trattati. La centralità e le criticità del sistema bancario in una economia di mercato libero, vengono approfondite con una analisi che non si presta a contraddizioni. Tutti gli elementi sono sviscerati secondo una logica di dottrina per poi essere nuovamente osservati nelle loro dinamiche sotto la spinta di interessi personalistici. Il conflitto di interessi appare come un tema conduttore che si traduce in un continua spinta verso il tradimento delle regole.

La soluzione che viene profetizzata è quella di un mercato con regole comuni a tutti gli attori in ogni angolo del globo, dove la difesa di tutti risiede nell'istruzione.

articolo pubblicato il: 07/03/2010