teatro
Una storia di emigrazione. Ma più che la storia di chi parte in cerca di una vita migliore questa è la storia di chi resta. Di una terra abbandonata, di vecchi, mogli e madri rimasti soli e costretti a rimboccarsi le maniche e a reagire, ognuno a modo suo, con le lacrime o con il sarcasmo. Una storia che nasce in Sicilia, ma che si ripete in ogni epoca e in ogni luogo. Protagonista una donna anziana e ridotta in miseria, Maragrazia, due figli lontani, che non danno notizie, e un altro figlio rifiutato, perché frutto di uno stupro subito in gioventù. È l'interprete di un rituale quasi grottesco, la stesura di una lettera che non arriverà mai, e dal pathos del lamento di una madre abbandonata emergono continue dissonanze che fanno intravedere interessi assai meno nobili e una personalità forte e complessa. La scena è scarna, i richiami di chi parte sono un'eco che invade la scena e si fonde con il suono dell'armonica di Jaco Spina, voce cruda della terra tradita. I migranti partono fingendo allegria, chi è già in America regala illusioni di ricchezza e benessere, chi rimane ha nel cuore "cose nere" e la consapevolezza che nulla cambierà. L'altro figlio
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