editoriale Si tornerà quindi a votare il 13 e il 14 aprile per eleggere il nuovo parlamento. Tutti inutili sono stati i tentativi di salvare le due Camere uscite dalle elezioni del 2006 con la legge da tutti vituperata che aveva fatto registrare una sostanziale parità tra i due schieramenti politici. In effetti, se a Montecitorio il governo Prodi era riuscito ad ottenere un "premio" con soli 24mila voti in più una schiacciante maggioranza di seggi, a Palazzo Madama le cose si erano messe male perché gli ultraventicinquenni, cioè gli elettori del Senato, avevano dato alla coalizione di centrosinistra circa trecentomila voti in meno rispetto agli avversari. Da qui tutti i difficilissimi mesi del Governo guidato da Romano Prodi sull'orlo di una crisi non appena si presentava un provvedimento di una certa importanza ed anche i rinvii dei più scabrosi. Ora il bello, si fa per dire, è che si va a votare con la stessa legge elettorale che ha dato questi disastrosi risultati per non parlare poi della sciagurata disposizione della eliminazione delle preferenze che ha mandato in Parlamento tutti gli "amici" dei vertici partitici impedendo ogni scelta da parte degli elettori. Molte le novità invece sugli schieramenti. A sinistra c'è la decisione di Veltroni che ha deciso di presentare il Partito Democratico, di cui è segretario, da solo sia alla Camera che al Senato, senza alcun accordo con la sinistra massimalista ( comunisti italiani, rifondazione comunista, verdi-rossi, eccetera) come invece realizzò malauguratamente Prodi due anni fa. Veltroni - il quale si dimetterà da sindaco di Roma per affrontare il difficile compito di far risalire le quotazioni del suo nuovo partito, dopo la negativa prova del governo uscente - viene accusato di favorire così la vittoria del centrodestra. E' difficile fare previsioni, ma questi due mesi di campagna elettorale ci daranno certamente qualche indicazione in più. Intanto Prodi ha detto che non si candiderà. Si è, forse in polemica con qualcuno, "autopensionato".
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