speciale libertà d'informazione e diritto all'ono
onore, reputazione e fama
di Norberto Gonzalez Gaitano

Sulla libertà di espressione informativa e i suoi limiti -alcuni di essi- ho già parlato. Bisogna ora riflettere su uno in particolare, l’onore e la reputazione. Vi è un accordo generale sui grandi principi e anche sulla soluzione dei casi concreti, soprattutto se si possiedono i dati pertinenti o adeguati.
Il problema è sempre, o spesso, sapere di cosa si parla: onore, reputazione, fama, dignità?

Incidentalmente, va osservato che la questione sulla diversità delle culture nel concepire in cosa consiste l'onore non pone dei problemi, nonostante le apparenze, se si sa bene di cosa si parla.
E' vero che il concetto di onorabilità è ben diverso nel Giappone che nell'Italia, per fare un esempio. Persino all'interno di un paese è variata storicamente la valutazione dell'onore. L’infedeltà coniugale non sembra oggi purtroppo una macchia nell'onore né dell'uomo né della donna. Da'altra parte, è ovvio che i sistemi legali variano abbastanza secondo i paesi. Ciononostante l'intuizione dei valori della libertà di critica e del rispetto alla reputazione si trova ovunque. Prima di esaminare quindi qualunque ordine legale occorre dissodare il terreno:

"L'apparente relatività del concetto di onore significa soltanto che si tratta di un concetto storico accidentalmente ma non storico essenzialmente. Sottostante l'onore c'è stata sempre la proiezione sociale dei valori. Ciò che è cambiato storicamente è il modo di stabilire la gerarchia fra quei valori o la maniera di accentuarli"5.
1. Onore ontologico: equivale alla dignità ontologica di ogni uomo. Chiunque ha il diritto di beneficiarsi di quel rispetto minimo che merita persino il criminale, poiché chiunque può pentirsi del male commesso o dei delitti compiuti, anche se gravi. Sarebbe come il credito morale inerente alla natura umana. Ed è quella radice dell'uguaglianza umana che nessuna legge, costume sociale, appartenenza geografica o razziale può mutare.
Alla fin fine deriva dal fatto di essere figli di Dio, sebbene si possa riconoscere con indipendenza da questa radice, da questo fondamento forte. Basta riconoscere il valore assoluto del singolo soggetto umano, della persona, come avvertì chiaramente Kant: "la persona è l'unica cosa nel mondo che non può essere usata come mezzo, è sempre fine". Poggia sull'unicità della persona, sulla sua irripetibilità. Ogni uomo comincia in qualche senso la Storia umana, ogni persona è soggetto della storia e non un mero oggetto. La libertà introduce quella novità nella storia che avviene in ogni nascita e che nessuno può precludere.

Cosa lede, dal punto di vista informativo, l'onore ontologico? In primo luogo tutte le forme di narrare che destano l'odio nei confronti di chiunque. In modo più sottile, lede la dignità dell'uomo ogni genere di discriminazione, ovvero il linguaggio dispettoso rispetto a determinati gruppi sociali, razziali, o nazionali. Dunque l'informazione non può, non deve contribuire a sollevare delle barriere fra gli uomini oppure a mantenerle dove vi siano.

Così, l’Art. 20. 2 del Patto Internazionale dei Diritti Civili e Politici dell’ONU (1976) stabilisce che: “Qualsiasi appello all’odio nazionale, razziale o religioso che costituisca incitamento alla discriminazione, all’ostilità o alla violenza deve essere vietato dalla legge”.

E' anche per questo che sostengo che l'informazione non è mai neutra, anzi non deve esserlo, se ci fosse non renderebbe nessun servizio alla società perché contribuirebbe a far durare le divisioni, le ingiustizie, le discriminazioni, quelle strutture di peccato che ostacolano la convivenza fra i popoli e fra gli uomini.

Nei confronti dell'informazione di cronaca quante conseguenze dovrebbero scaturire di queste idee semplici, semplici ma certamente difficili da attuare. Oltre alla coscienza formata dai giornalisti, qui non ci sono regole del Codice Penale a cui appellarsi, e difficilmente ci saranno.
2. La fama: sarebbe la stima soggettiva altrui. Corrisponde alla popolarità, al giudizio pubblico, all'immagine pubblica. E' qualcosa di variabile forgiata spesso su sabbia mobile, su un fondamento arbitrario e cambiante come la moda, o la notorietà. Molte volte altro non è che la popolarità prodotta da valutazioni equivoche e ridicole, mentre nell'essenza dell'onore soggiace una valutazione morale.

La fama connota qualcosa di fugace, di effimero, che svanisce con la stessa facilità con cui viene costruita. Mentre l'onore comporta qualcosa di duraturo, guadagnato con sforzo e perciò apprezzato fortemente per chi ne gode. E che va risarcito quando viene offeso: di qua l'idea del risarcimento per danni morali.
3. L'onore morale, la reputazione:

Diceva Juan Luis Vives, umanista spagnolo contemporaneo di Erasmo e Moro, che "l'onore è come l'ombra della virtù: chi vuole trattenere l'ombra non afferra essa, ma il corpo".

Il credito morale che ognuno possiede è una potenzialità. Nell’operare, esso cresce o diminuisce. Tutte le nostre opere e i suoi effetti rendono proficuo o meno il patrimonio morale che configura il nostro credito dinanzi agli altri. L'onore così inteso sarebbe la proiezione sociale del patrimonio morale acquisito dall'uomo nel suo agire, la reputazione dunque in senso proprio. Ma quella reputazione si basa su un fondamento oggettivo, sul capitale maggiore o minore di virtù socialmente riconosciute.

L'immagine dell'iceberg rende l'idea dell'onore come patrimonio di virtù apprezzate dai colleghi, dai cittadini, dalla società intera. Una parte piccola dell'iceberg emerge dalle acque, quella corrispondenti alla virtù o alle virtù più apprezzate in un momento storico. Essa o esse possono variare, però ci saranno sempre: ieri si valutava la fedeltà matrimoniale, oggi si apprezza di più la competenza professionale e l'onestà nel lavoro. Dipende dalla cultura e da tante circostanze. Certo ci possono essere surrogati delle virtù o degradazioni dell'idea dell'onore, come capita negli ambienti mafiosi o della malavita. Ciò vuol dire che si sono sovvertiti i veri valori, si sono mutuati i veri valori per le falsificazioni. All'origine, però, c'era un vero valore, come la fedeltà o la solidarietà famigliare.

Ora, il Codice Penale, l'ordinamento giuridico, quando contempla i delitti contro l'onore, tratta di questo tipo di onore, della reputazione. Si capisce dunque che l'informazione non sia necessariamente un limite al diritto all'onore, anzi può anche esserne la condizione. Senza verità non c'è vero onore, ma influenza o potere nudo che spesso reclama per se il riconoscimento della virtù, gli onori delle virtù. Proprio per questo la verità costituisce un'esimente nei delitti contro l'onore registrati nei codici, particolarmente nel caso di politici o funzionari.