cultura
Enrico IBSEN Alcuni decenni prima che in piazza scendessero gli esistenzialisti, Ibsen ne anticipò l'idea principale : la vita è assurda. L'uomo, per quanto lotti ostinatamente per realizzare la sua essenza, fallisce sempre e penosamente. Ogni tentativo, ogni passo per avanzare è un fiasco totale. Nasce da una famiglia borghese protestante. A ventidue anni si dedicherà definitivamente al teatro, componendo varie opere. Risentito per la tiepida accoglienza per i suoi lavori, se ne va dal suo paese dove vi tornerà qualche anno prima di morirvi. Vediamo l'affresco che Ibsen fa dell'uomo.
Ecco il quadro : l'uomo debole e pieno di tentazioni, credulone, mediocre, insincero nell'amore, sostenitore di una vita piatta e comoda, rinunciatario degli ideali giovanili, convinto di cambiare un mondo che si rivelerà essere, invece, una tragica illusione che si scontra con la morte. L'umanità di Ibsen à malata, soffre, più nello spirito che nel corpo, del carico della colpa e dei vizi degli avi. La malattia di cui maggiormente soffre è la menzogna. E' così universale ed estesa a tutte le classi che per trovare un pizzico di verità quasi quasi bisogna rivolgersi ai bambini e ai pazzi.
Ibsen si domanda : qual è la causa di tutto questo ? La "superstizione religiosa" e la poltroneria della massa che si adagia sullo strame di decrepite e decadute istituzioni sociali. E allora, cosa fare per edificare ?
Avanza, così, l'eroe ibseniano : bramosamente proteso verso lo straordinario, l'intenso, il sublime, l'inconseguibile, che disprezza i beni del mondo, odia i compromessi e i mezzi termini, detesta la vita mediocre e apatica dei più. Sembrerebbe che alla fine del suo percorso intellettuale abbia visto in Dio l'ultima spiaggia della vita. Si intravede e si percepisce, nei suoi scritti finali, un desiderio di ancoraggio a Dio. Dopo aver cercato la salvezza ovunque, Ibsen si rende conto che la può ottenere esclusivamente da Dio. Beh, e' un augurio di vittoria e di resurrezione morale anche per gli uomini del nostro tempo e della nostra vacillante civiltà.
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