arte e mostre Con l’aggettivo “'grafico”' si è sempre significato ciò che attiene genericamente al disegno, al rappresentare e comunicare per segni. Poiché le tecniche tradizionali di riproduzione e moltiplicazione di immagini (incisione su legno e su metallo) esigevano la strutturazione per segni, per estensione si è definito ''grafico'' ciò che è prodotto tramite stampa. Da qui derivano la dizione “'arti grafiche”' per significare l'arte (la tecnica) della stampa e, più estesamente, la parola moderna “grafica”' per indicare quella particolare famiglia di immagini risolte precipuamente in segni su supporto di carta, tipico del disegno e della stampa, con finalità rappresentative o comunicative diverse di caso in caso. La grafica d’arte s'inserisce in questo contesto come caso particolare di grafica intenzionalmente artistica dal punto di vista sia creativo sia della sua diffusione, e presuppone, quindi, la sua riproducibilità. A voler essere più precisi, correntemente si intende per grafica d’arte una produzione artistica a mezzo di stampa, riprodotta in più copie firmate e numerate dall'autore che ne ha ideato il soggetto ed elaborato la matrice. Pur essendo sempre esistita una produzione grafica di ordine artistico, fosse “'d'invenzione”' (l'artista è insieme ideatore ed esecutore del soggetto grafico) o “'di traduzione”' (l'artista traduce in linguaggio grafico il soggetto di un altro), la definizione di grafica d’arte. nel senso odierno si è venuta formando nel XIX secolo sotto la spinta delle condizioni create dall'impiego diffuso di nuove tecniche di produzione grafica che si aggiungevano alla classica incisione. Con l’avvento e l’adozione diffusa dei mezzi meccanici di riproduzione e stampa, caduta la convenienza della sua utilizzazione come tecnica riproduttiva, la grafica tradizionale con matrici elaborate dagli artisti, in particolare l'incisione “'in cavo”' su metallo (bulino, acquaforte, ecc.) la cui stampa non può essere meccanizzata, cambiò progressivamente collocazione funzionale e culturale. Svuotata di senso quella di traduzione e, in parte, d’illustrazione, prese risalto quella creativa come esclusiva e caratterizzante, ponendosi così le basi di definizione della g. d'a. come intenzionalmente artistica ed eseguita a mano dall'autore, in contrapposizione a quella riproduttiva, o illustrativa, meccanizzate. Questa che si può definire una sintetica storicizzazione dell’arte incisoria, viene fatta rivivere, attraverso uno spaccato circoscritto all’area artistica mantovana, sul solco di una eccellente tradizione in questo ambito creativo, che nel Cinquecento venne illuminato da protagonisti come Giovanni Battista Scultori con i suoi figli Adamo e Diana e Giorgio Ghisi, dall’Ottocento, con la sublime capacità incisoria di Luigi Antoldi, che nel 1838 pubblicò un famoso libro di stampe litografiche da dipinti da Andrea Mantegna, fino ai giorni nostri in una importante mostra alla Casa Museo Sartori di Castel d’Ario (Mantova), curata da Adalberto Sartori e intitolata “La stampa d’arte a Mantova dall’Ottocento in poi”, che non è una “storia” dell’incisione, quanto, piuttosto un “viaggio” attraverso le più diverse interpretazioni – viste ciascuna nell’assolutezza della propria originalità - de di questo genere artistico da parte di centotrenta artisti che hanno operato in questo ambito territoriale. Una “cavalcata” dunque nel tempo, scandito dal progetto espositivo curato da Maria Gabriella Savoia e Augusto Bosi, tra tecniche e stili diversi, con mutamenti, innovazioni e sperimentazioni nel corso di tanti decenni. Come ci dice il curatore, la vasta rassegna ci offre, insieme a tante suggestioni e veri e propri “appagamenti visivi” innumerevoli “percorsi che hanno approfondito la conoscenza di artisti attivi in particolari periodi, che hanno affrontato temi specifici o seguito determinate tendenze, ma quello che ci poniamo oggi come obiettivo di questa mostra è il desiderio di aggiungere un nuovo fondamentale tassello al già conosciuto, arricchendo la vetrina degli artisti nel territorio nello spazio/tempo che va dal XIX secolo ad oggi, perché la pratica incisoria, da sempre motivo di ricerca intima e personale, ha coinvolto molti artisti. Abbiamo ricordato gli incisori ottocenteschi che, con l’uso di bulino, acquaforte, acquatinta, puntasecca, xilografia, litografia, hanno realizzato opere prevalentemente di riproduzione; gli incisori moderni e contemporanei che hanno creato un nuovo linguaggio staccandosi dalla riproduzione per arrivare alla creazione di opere d’arte di propria invenzione. Quindi, al lungo elenco delle varie tecniche, negli ultimi tempi si sono aggiunte la serigrafia e le tecniche sperimentali”. Forse, come anche questa mostra mette in luce, è che la grafica sia diventata da quella che era – se si può dire o definire – la “purezza del segno”, un terreno di ricerca, di invenzione, di risorse creative aperte al dialogo con altre forme espressive, a suggestive contaminazioni, a possibilità comunicative inimmaginabili. Certo, come ci dice ancora Sartori, “il settore dell’incisione d’arte a Mantova, meriterebbe più attenzione e più ricerca, anche da parte dell’Ente Pubblico, che con la collaborazione di artisti, eredi e familiari, studiosi, ricercatori e collezionisti, potrebbe arrivare alla sua completa (o quasi) catalogazione”. Che dovrebbe, a mio modesto parere, preludere e servire di base ad una ricognizione storico-critica di questo avvincente percorso secolare della produzione incisoria mantovana, alla cui divulgazione e valorizzazione sia Adalberto Sartori che la figlia Arianna si dedicano da molti anni con tanto impegno e passione. articolo pubblicato il: 02/09/2023 |