cultura
il principio antropico
di Paolo Lulli

L'uomo e le stelle

Qualcuno ricorderà la frase celebre del filosofo di Köenigsberg che esalta ``il cielo stellato sopra di noi ed il senso morale in noi''. Nell'uomo solitamente meno sensibile a questo tipo di tematiche e a profondi spunti di riflessione, l'eco di quella frase suscita tuttavia una debole inquietudine di fondo.

E' l'inquietudine che deriva dal considerare quanto di universale ci possa essere, almeno a livello emotivo, in una affermazione di tale valenza cosmologica.

Come dire che, sebbene le considerazioni che si possono fare sui grandi temi dell'esistenza ci trovino divisi nel preferire l'uno o l'altro modo di guardare al mondo, le tematiche che riteniamo universali sembrano vieppiù coincidere.

Non tutti saranno d'accordo nel riconoscere il presunto senso morale che dovrebbe animare l'agire di ciascuno, ma molti riconosceranno un qualcosa di speciale nelle profondità del cielo stellato in una notte serena.

La riflessione sul senso dell' esistere è lì da presso. Possiamo evitarla, sviare su temi forse attuali ma il cui interesse è destinato a scadere con il trascorrere delle stagioni, degli anni. Oppure pretendere, in maniera più o meno convincente, di essere in grado di fornire una risposta definitiva a tutto.

Ma non è questo il punto. I grandi sistemi filosofici si impegnano a conseguire una certa qual coerenza interna. Non da meno sono le religioni.

Tuttavia le implicazioni culturalmente più interessanti sembrano porsi, di fatto, quando sistemi diversi si trovano a confronto sullo stesso terreno. Le certezze più incrollabili, conseguenza diretta degli assiomi propri di una disciplina, vengono minate alla base quando questa viene confrontata con discipline di altra natura.

Un autore contemporaneo ha scritto un libro, intitolato ``il principio antropico''; non è molto noto al grande pubblico, tuttavia tra coloro che si occupano di Fisica e di Cosmologia ha suscitato molte discussioni, tanto che si parla comunemente di Principio Antropico. E, nella fattispecie, di Principio Antropico Debole e di Principio Antropico Forte.

La discussione nasce dal considerare che, fisicamente, il nostro pianeta sembra ritagliato appositamente perchè noi potessimo viverci. Supporre che alcune costanti fisiche, come la massa dell'elettrone, per dirne una, differiscano anche di poco dai valori che si trovano sperimentalmente, porterebbe ad esempio ad un sistema solare instabile, e, in definitiva, non vi sarebbe mai stata vita sulla terra.

Considerazioni analoghe su molte delle costanti ai quali i fisici sono abituati, porterebbero con facilità a conclusioni che, lette secondo questa chiave, hanno quanto meno la virtù dialettica di smantellare molti dei troppo facili castelli di certezze.

Ma questo non vuol dire, di per sè, assolutamente nulla. Il Principio Antropico non implica necessariamente una Provvidenza divina. In prospettiva, molti leggono questo, esattamente come è plausibile interpretare che, giacchè esistiamo come spettatori, (conseguenza) uno scenario che ci comprenda come tali deve per forza esistere (causa).

Tuttavia, gli sconvolgimenti delle conoscenze fisiche di inizio secolo devono metterci in guardia dal giocare troppo facilmente e ``aristotelicamente'' con i concetti di causa ed effetto, in quanto a livello subatomico sembra che non siano esattamente verificate delle catene logico-causali.

Dalla formulazione del Principio, è ormai di moda tentare di immaginare mondi possibili con alcune delle grandezze fondamentali aventi valori variati. E' un gioco istruttivo, oltre che creativo. Modellizzare un universo in cui la gravità sia repulsiva, anzichè attrattiva, può essere più divertente che complicato.

Tuttavia, tra tutte queste fantasie, ce n'è una, che colpisce più di tutte le altre; il fatto che l'atmosfera terrestre abbia una composizione tale da assorbire pochissimo esattamente alle lunghezze d'onda in cui il sole ha un picco di emissione. Detto in altri termini: se l'atmosfera terrestre avesse una densità minore in quello spettro, di giorno la temperatura salirebbe tanto da non permettere la vita; e se fosse appena più densa... di notte non sarebbe possibile vedere le stelle, le stelle che erano tanto care a Kant e alle nostre romantiche notti.