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le invenzioni e i loro padri

Le grandi invenzioni sono state spesso oggetto di diatribe su a chi dovessero essere attribuite e le polemiche si sono accese più forti quanto più l'invenzione rivoluzionava il modo di vivere e quando gli inventori veri e presunti appartenevano a nazionalità diverse. Si è avuta così la polemica tra italiani e americani intorno all'invenzione del telefono, tra italiani e tedeschi per il motore a scoppio, tra italiani e russi addirittura per la radio. Gli olandesi rivendicano l'invenzione galileiana del cannocchiale e i cinesi (non del tutto a torto) sono immancabili nel rivendicare invenzioni come la carta e la polvere da sparo. Per la stampa a caratteri mobili ci si sono messi un po' tutti; i cinesi affermano che i caratteri di legno erano già in uso da loro nel VII secolo, gli olandesi che la stampa fu invenzione di un certo Laurens Costel di Haarlem, qualche italiano che l'invenzione si deve al grande tipografo Panfilo Castaldi, di Feltre.
Nessuno può mettere in dubbio due cose: la prima è che la Cina non era affatto vicina (come invece si ostinavano a dire certi giovani sessantottini) e che ciò che accadeva laggiù difficilmente si veniva a sapere in Europa; la seconda è che certe invenzioni possono avvenire solo in un determinato contesto e il merito degli inventori non viene sminuito se partono da qualcosa di preesistente. Che l'invenzione della stampa sia opera di Johannes Gensfleisch di Magonza, chiamato Gutemberg dalla zona d'origine della sua famiglia non dovrebbe essere messo in discussione.
Le civiltà antiche conoscevano sigilli per stampare disegni sull'argilla umida. I timbri in legno apparvero nel XII secolo (c'è chi dice che furono i Crociati a portarli dall'Oriente), ma fu solo con i caratteri mobili che la stampa poté prendere piede. Con una lettera stampigliata in un punzone di acciaio si incideva un blocco di rame dove si spandeva una lega di piombo, antimonio e stagno, una tecnica usata fino al finire del secolo XIX, quando furono inventate le macchine compositrici. Il torchio probabilmente era precedente a Gutemberg, ma fu opera sua utilizzarlo per la prima volta per i procedimenti di stampa. Era fatto di legno di rovere e la base era costituite da una pietra (da qui il nome di litografia). La tavola di legno veniva fatta aderire alla pietra tramite un grosso perno e il foglio di carta veniva impresso. Essendo il quadro piuttosto piccolo, per stampare una pagina si doveva ripetere due volte l'operazione, da cui il nome di "macchina a due colpi". Solo al principio dell'ottocento si iniziò a sostituire il torchio con una macchina in cui il quadro era cilindrico.