periodico di politica e cultura 12 dicembre 2024   |   anno XXIV
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arte e mostre: alla Galleria Sartori di Mantova

"Vittorio Carradore, la meravigliosa lentezza del paesaggio"

di Michele De Luca

“Un uomo si propone il compito di disegnare il mondo. Trascorrendo gli anni, popola uno spazio con immagini di province, di regni, di montagne, di baie, di navi, di isole, di pesci, di dimore, di strumenti, di astri, di cavalli e di persone. Poco prima di morire, scopre che quel paziente labirinto di linee traccia l’immagine del suo volto” Sono parole bellissime e poetiche del grande Jorge Luis Borges, che ci introducono al tema sempre affascinante, a volte misterioso e magari inquietante altre volte distensivo e rassicurante. E ci inducono ad una considerazione che la rappresentazione da parte di un pittore di un frammento del mondo fisico che si offre ai suoi occhi, con qualsiasi tecnica, dal disegno all’olio, dall’acquerello alla guache, altro non sia che trasferire su di esso quello che è il suo “mondo interiore”: i suoi sentimenti, le sue meraviglie, le sue paure, le sue radici umane e cultuali, la sua sensibilità estetica. Per rendercene una visione sempre personale, inedita, più intimamente propria.

E’ con questo animo e con questa chiave di lettura che ci propone la bella mostra curata da Arianna Sartori dedicata al pittore veronese Vittorio Carradore, che ha fatto del genere “classico” del paesaggio l’oggetto del suo sguardo sul mondo esterno e il terreno preferito della sua creatività e della sua ricerca artistica; nel suggestivo titolo dell’esposizione (“La meravigliosa lentezza del paesaggio”), allestita negli spazi della Galleria Sartori di Mantova, nella sede storica di Via Ippolito Nievo 10, si evidenziano due punti fondamentali del suo lavoro, e cioè la meraviglia, sempre nuova, davanti alle bellezze dell’universo naturale, e la “lentezza”, la dimensione di “tempi” che l’artista riesce a regalarsi, tempi ormai remoti e divenuti quasi impossibili e addirittura inimmaginabili nel vivere frenetico di oggi. Tempi da dedicare a contemplare la bellezza, a fermarcisi davanti per lunghi minuti, o come diceva un altro “grande”, anzi grandissimo, come Fernando Pessoa, a “perdersi a guardare”.

Come ha scritto nella bella nota di presentazione della mostra Andrea Ciresola, “è il paesaggio che da sempre tiene banco nella pittura di Vittorio Carradore con i suoi accenti luminosi e il cielo tessuto di azzurri, cavalcato a volte dalla nube a volte sopraffatto dalla nebbia. O dalla calura amazzonica dell’umidità estiva. E poi la neve, con la tavolozza infinita dei bianchi, che bianca non è mai, una neve sorprendentemente azzurra, cinerina e attraversata da qualche rosa che fa capolino senza saperne il perché. Ma c’è sempre un perché nello sguardo dell’artista e giunge inaspettatamente una domanda quando ci s’immerge per giorni e mesi e anni nel paesaggio che Vittorio Carradore mette in scena. E c’è una risposta: la voce del paesaggio. Una rappresentazione dell’immenso teatro della pianura dove a fare da scenografia sono spesso la montagna e la collina, quinte maestose e ferme. Fissate nell’eternità. Di questa fissità parla la lentezza del paesaggio impressa nei dipinti di Carradore, un bisogno interiore necessario all’artista per contrapporre il proprio mondo all’incessante flusso d’informazioni, azioni, accadimenti, obblighi propri della contemporaneità. Non si tratta tuttavia di un nostalgico ritorno al passato, qui si parla della possibilità ancora viva e autentica di trovare – nell’ineludibile vissuto odierno – angoli di bellezza, oasi di serenità dove rifugiare il pensiero, trovare l’ozio e vivere in pace …”.

Come sappiamo, fino dall’arte bizantina i pittori e gli artisti in generale riservavano una parte delle loro opere alla descrizione dello spazio e del paesaggio in cui si svolgevano le azioni e dominava la presenza umana, reale o fantastica di eroi e personaggi per lo più mitologici e religiosi (a cui faceva da da semplice sfondo o scenografia); ma si trattava di accenni molto sintetici, e successivamente, per secoli, si è sempre rimasti ancorati ad una particolare funzione descrittiva. Mentre per il concetto di un’interpretazione culturale e umanistica della natura – e non solo della pittura, ma anche della letteratura – un’appassionata indagine del rapporto con essa della persona e dell’artista bisogna arrivare quanto meno al Cinquecento, per divenire poi sempre di più la “cifra” di un approccio via via più moderno e innovativo. Del quale dà prova il lavoro del pittore veronese, che la selezione di opere in mostra ha il merito di farci conoscere.

Carradore è nato a San Bonifacio, in provincia di Verona, il 30 luglio 1963. Si è avvicinato precocemente alla pittura, prima come autodidatta, poi frequentando i corsi liberi presso l’Accademia Cignaroli di Verona. Ha continuato il suo percorso di ricerca dedicandosi sia allo studio del paesaggio che della figura. Risalgono ai primi anni ’80 le esposizioni in ambito locale, seguite poi da concorsi nazionali e mostre personali e collettive in diverse città d’Italia e capitali europee come Berlino, Parigi, Budapest, fino a New York e Sydney. Sue opere si trovano in collezioni pubbliche e private sia italiane che estere.

articolo pubblicato il: 23/11/2024

La Folla del XXI Secolo - periodico di politica e cultura
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