Dio e l’uomo: per qualcuno un rapporto naturale, per altri un’aberrazione. Per non parlare della religione che pretende di limitare la libertà o di dettare legge in barba alla laicità dello Stato... A denunciare in chiave grottesca l’oppressione della religione e della Chiesa nei confronti della libertà umana è A tua immagine di Odemà, che torna a Teatri di Vita dopo il travolgente exploit di diversi anni fa, quando conquistò il Premio dello Spettatore. L’occasione è celebrare il centenario della nascita di uno dei grandi autori del secolo scorso e premio Nobel per la letteratura, José Saramago, nato il 16 novembre 1922, con uno spettacolo folgorante, vincitore non solo del premio del pubblico di Teatri di Vita, ma anche segnalazione speciale al Premio Scenario 2009, vincitore del Premio Argot Off e del Premio Playfestival. Il gruppo, composto da Enrico Ballardini, Giulia D’Imperio e Davide Gorla, propone un inedito quadretto di drammaturgia visionaria, in cui Dio e il Diavolo compongono una “strana coppia”, alle spalle dell’ingenuo Gesù, per prendersi gioco dell’intera umanità e soffocarla nella schiavitù spirituale e nella violenza. Il tutto in una messa in scena leggera e profonda, dove il linguaggio da cabaret e del comico si intreccia ad una complessità di parole e riflessioni in grado di rievocare suggestioni di Goethe, Saramago e Pessoa. Il dominio da parte di Dio sulla gente, il sacrificio del figlio e la speranza del Diavolo di cavaresela sono elementi importanti che si intersecano sulla scena, facendo leva su un assurdo ricatto morale. “Un rischio assoluto giocato con piena consapevolezza e voglia di far risuonare, nello spazio del teatro, domande fondanti sulla nostra identità personale e collettiva”, come ricorda la motivazione della giuria del Premio Scenario che ha voluto evidenziare l’ottimo lavoro sia artistico che intellettuale proposto dai tre eccellenti attori.
Circondati dalle nebbie di un non luogo, ci troviamo dinnanzi a dei personaggi altolocatissimi. Il primo di essi è venuto per chieder conto al padre di quali siano i doveri ed i privilegi che comporta questo essere figlio suo. Il secondo, il padre, sembra tergiversare dinnanzi a queste richieste. Infine il terzo è venuto perché anch'egli può trarre degli interessi da questa unione. Ed è proprio il terzo personaggio, questo diavolo, un po’ triste e un po’ ironico ad introdurci in un quadro familiare terribile: quello di Lui, di Dio e di suo figlio Gesù. Parla di un Dio pessimo, ambizioso e insensibile più di chiunque altro alla pena ed al dolore. Unico scopo, dominare sulle genti. Ben venga se utile, il sacrificio dell’unico figlio e altre nefandezze tali da far sperare il diavolo stesso, che non venga attribuita a lui la colpa di tutto questo. Un progetto che si porta dietro la più orrenda, interminabile scia di morte, soprusi e nefandezze che la storia ricordi e che è ancora miracolosamente in vita oggi. Progetto fin troppo umano e materiale per essere “volontà divina” che da un lato sottrae al testo ed ai personaggi un peso altrimenti insostenibile e dall'altro mette in risalto la “mollezza” di una società facile da plasmare e controllare. Il fortissimo disagio del personaggio (“come un’ape in un luogo senza fiori”) è anche il nostro e probabilmente di molti, nei confronti di una cultura che da millenni ci opprime facendo leva su un assurdo ricatto morale. Disagio che ci porta a lanciare questa provocazione, per niente velata dati gli argomenti in questione, anche se l’intento, più che sollevar polemiche dovute alle parole, è un invito ad una riflessione intima.
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articolo pubblicato il: 06/11/2022