Il momento storico è complicato. A causa della crisi nel reperimento delle materie prime molti settori industriali stanno rallentando la produzione. Lo scenario si complica per la coda lunga della crisi pandemica e i primi segnali di inflazione, in mercati resi incerti dalla guerra in corso.
Per questo, nel sondaggio è stata chiesta una previsione su come cambierà – o non cambierà – l’azienda nei prossimi tre anni, in termini di attività, funzioni e relazioni organizzative. Nel complesso, il 30% dei rispondenti (la stragrande maggioranza appartenente al settore industriale e metalmeccanico) prevede un aumento delle attività e il 17% si aspetta un cambiamento radicale dell'azienda, contro un 16% che si aspetta una struttura organizzativa sostanzialmente simile a quella attuale. In termini assoluti prevale l'aspettativa di prossime modifiche a processi, attività e modelli di lavoro (15%), e solo il 2% dichiara di non essere in grado di fare previsioni. Le grandi aziende prospettano trasformazioni più radicali rispetto alle piccole e medie imprese, sia in termini quantitativi (aumento di funzioni/attività o focalizzazione) che qualitativi (nuovi processi e relazioni).
Per affrontare la situazione, le aziende puntano a nuove professionalità. In molti stanno assumendo nuovi Chief Technology Officer-IT manager, tecnici capaci di individuare le migliori tecnologie da applicare ai prodotti o ai servizi che l’azienda produce, ma anche i Digital manufacturing manager, profili che nei processi produttivi sappiano usare le innovazioni. Su tutte, però, emerge l’attenzione per figure capaci di riprogettare e pianificare la produzione e la gestione dei flussi di materiali in ingresso e in uscita sulle linee produttive,: in questo periodo di crisi dei costi dei materiali sono figure fondamentali per mantenere redditizio il ciclo produttivo.
In tema di digitalizzazione, il 52% delle aziende dichiara di aver già realizzato interventi formativi per adeguare le competenze tecniche e comportamentali in ambito digitale. Solo il 25% dichiara azioni scarse o nulle in quest’ambito. I processi di digitalizzazione dunque hanno coinvolto la maggior parte delle aziende intervistate, anche se questi processi riguardano prevalentemente i settori della progettazione e direzionale e in minor parte i profili più operativi.
Sul tema della sostenibilità invece sono un po’ diverse. Meno della metà delle aziende, ovvero il 42% del campione, dichiara di aver realizzato azioni specifiche per dotarsi di competenze per una maggiore sostenibilità d'impresa. Di questo 42%, solamente il 15% parla di azioni complete e concluse, il restante 27% invece parla di azioni incomplete. Il campione di aziende che invece dichiara di non aver ancora fatto assolutamente nulla in tema di sostenibilità si attesta al 37%.
articolo pubblicato il: 01/05/2022