Una visione di Ulisse filtrata dalla lente deformante di un grande artista ed intellettuale del Novecento. Scritto nel 1925 per l’effimero Teatro d’Arte di Pirandello, venne rappresentato per la prima volta solo nel 1938, in un clima che viene definito “ostile”. Da allora, fino a oggi, il quasi totale oblio per un testo considerato minore tra gli scritti di questo prolifico autore. Ulisse è per Savinio un uomo sfinito, svuotato, un anti-eroe che non è in grado di prendere in mano la sua vita, soprattutto quella sentimentale, diviso com’è nel rapporto con tre donne che sembrano a lui la stessa persona. La regia di Andrea Martella proietta l’azione dentro la mente del protagonista, rappresentata come un carcere di massima sicurezza all’interno del quale Circe, Calipso e Penelope sono prigioniere dell'incubo ricorrente di un uomo disturbato e confuso, recluso lui stesso nel proprio caos psicologico, alimentato anche dalle altre presenze che si aggirano in modo poco nitido nei suoi ricordi, dalla Dea Minerva ai marinai della sua nave. Il contatto col pubblico avviene attraverso un personaggio fulminante e geniale, lo spettatore, portatore sano di una sottile ed inaspettata comicità.
Appena ho letto il testo, mi è sembrato da subito che la mossa iniziale di Savinio sia stata quella di prendere un eroe e di recidere con un colpo netto e deciso la stessa motivazione per essere eroe, l’essenza del suo eroismo: quello che rimaneva era “semplicemente” una persona, nella sua complessità e nelle sue quotidiane e private incertezze. L’essenza della fama di Ulisse risiede non tanto nella sua forza fisica, quanto nella sua intelligenza, nella sua furbizia, nella sua capacità di stratega e anche di improvvisatore di fronte al pericolo e all’imprevisto, ma il senso del suo eroismo è da cercare nell’azione più forte che un essere umano possa compiere: l’amore. Infatti è proprio l’amore per Penelope a guidare il suo viaggio da Troia ad Itaca. Savinio, cancellando con una mossa astuta e teatralmente ingegnosa il ricordo o meglio la coscienza di quell’amore, di fatto annulla il personaggio stesso di Ulisse così come siamo abituati a conoscerlo e ci mostra un nuovo Ulisse, un capitano che non è più a capo di nessuno, neanche di se stesso, precipitato in un mondo onirico che appare più un incubo che un villaggio incantato. Per questo (e per dare continuità con i primi due capitoli della trilogia dell’avanguardia) ho deciso, con molta sofferenza, di ridurre il testo originale, trattenendo solamente il nucleo relativo al rapporto tra Ulisse e le tre donne della sua vita, epicentro emotivo di tutta la sua avventura. cit. Andrea Martella
L'Associazione Culturale Teatro Trastevere in collaborazione con Hangar Duchamp presenta Dal 6 al 10 aprile 2022
Capitano Ulisse
di Alberto Savinio Regia Andrea Martella Con ULISSE – Flavio Favale CIRCE – Simona Mazzanti CALIPSO – Vania Lai PENELOPE – Giorgia Coppi MINERVA – Martina Brusco EURILOCO/EUMEO – Walter Montevidoni SPETTATORE – Vincenzo Acampora SCENOGRAFIA – Mattia Urso DISEGNO LUCI – Mauro Buoninfante AMBIENTE SONORO – Attila Mona ORGANIZZAZIONE – Alessia Cottone
Teatro Trastevere via Jacopa de' Settesoli 3, 00153 Roma prevista tessera associativa CONSIGLIATA PRENOTAZIONE Da mercoledì a sabato ore 21 (Esclusivamente domenica alle 17:30) biglietti: intero 13, ridotto 10 contatti: 065814004
articolo pubblicato il: 27/03/2022