Egregio Direttore,
riaperte le scuole è ricominciata la campagna mediatica sui
Disturbi Specifici dell'Apprendimento , i cosiddetti DSA, mentre
nelle scuole sono arrivati i primi progetti per l'aggiornamento
gratuito agli insegnanti su di essi, da parte di associazioni che
non sono pagate, ma che hanno un forte interesse a diffondere il Verbo
dell'ADHD, della Dislessia, Disortografia, Disgrafia e Discalculia.
Partecipi a questi corsi o conferenze e sembra tutto bello, ci sono
questi specialisti che con voce suadente spiegano che la Dislessia è
"la difficoltà nella lettura, ossia una mancanza di correttezza e
rapidità nel leggere"; la Disortografia è " un'incapacità persistente
di trasformare il linguaggio verbale in quello scritto usando
correttamente la regole grammaticali"; la Disgrafia invece è la
"difficoltà di scrivere in modo comprensibile al lettore non
informato"; la Discalculia : "la difficoltà nell'automatismo del
calcolo e dell'elaborazione dei numeri".
Vengono fatti esempi divertenti e soprattutto ti dicono come
riconoscerli nei tuoi alunni per "aiutarli".
Ti dicono che è meglio fare diagnosi precoci per riconoscere la
Dislessia QUANDO I BIMBI VANNO ALLA SCUOLA MATERNA , "per ridurre
la difficoltà che i dislessici incontrano una volta arrivati alle
elementari" (Corriere della Sera " Fin dall'asilo si capisce chi è a
rischio" 24/09/2012).
Sostengono che la Dislessia è un disturbo biologico di origine
genetico, causato da un difetto di migrazione cellulare, che a
questi ragazzi mancano le cellule che permettono di leggere
correttamente le lettere, per poi affermare che uno studente viene
diagnosticato dislessico quando, misurando la velocità della lettura
e la quantità di errori compiuti, la sua performance si discosta
dalla media.
Se la causa di questi disturbi è biologica, perché per
individuarla non vengono utilizzati esami strumentali (
radiografia, risonanza magnetica ecc.) come la natura del disturbo
richiederebbe? Perché viene utilizzato uno strumento statistico
basato sugli scostamenti dalla media, inadeguato a rilevare la fonte
del problema?
La statistica misura l'andamento di un fenomeno, dice semplicemente
che, ad esempio, in una prova di dettato fatta su 100 alunni, 70
fanno 10 errori di ortografia, 5 ne fanno 6 e 25 ne fanno 20 .
Una prova di scrittura nella quale l'alunno ha fatto 18 errori,
indica soltanto che la sua prestazione è inferiore a quella della
media dei suoi coetanei, non evidenzia CHE E' AFFETTO DA UNA
PATOLOGIA CEREBRALE, NON MISURA L'ASSENZA DI /"CELLULE
DEPUTATE ALLA LETTURA" ./
Quanta validità scientifica possono avere diagnosi fatte in questo
modo?
Cosa pensereste dello specialista che vi dicesse che vostro figlio di
7 anni (perché è questa l'età a cui gli scolari vengono sottoposti a
test) è affetto da una malattia biologica alle ossa di origine
genetica, senza avergli mai fatto fare una radiografia, solo perché
è lento nel correre, ha fatto cadere molti ostacoli nella corsa ad
ostacoli, non cammina come la media dei ragazzi della sua età e le
sue prestazioni si discostano dalle prestazioni medie dei suoi
coetanei ?
Non solo, ma vi dicesse anche che, data la natura della patologia,
dovete compensare questo disturbo facendolo camminare con le
stampelle, non deve più saltare, fare esercizi, perché, oltre a
non servire a niente, lo affatica e può causargli delle
frustrazioni ?
Quale destino avrebbe vostro figlio? Non ve lo ritrovereste forse
dopo qualche anno depresso e complessato in una sedia a rotelle?
Pensereste che ci sia qualcosa di tremendamente sbagliato!
Eppure è stata fatta una legge, la legge 170/2010, con lo scopo
dichiarato di aiutare gli alunni affetti da questi disturbi, ma che
di fatto ne ha ratificato l'esistenza dandogli valore legale.
Gli effetti di questa legge si stanno già vedendo! Infatti in
questo nuovo anno scolastico mi sono ritrovata nelle classi prime
superiori una media di 4/5 alunni per classe diagnosticati affetti da
DSA.
Alunni che, inizialmente, non sapendo che avevano ricevuto una
diagnosi di DSA e vedendo che non scrivevano quando dettavo, invitavo
loro a scrivere. Qualcuno mi guardava con stupore, poi capiva che
non conoscevo il suo problema e si metteva a scrivere, ma si perdeva, non seguiva il passo, si vergognava, lo vedevi timido e confuso,
ti diceva che era rimasto indietro. Guardavo quanto aveva scritto,
allora capivo: scrittura a stampatello, errori di ortografia e di
grammatica. Ti sembra di avere davanti un alunno di prima o
seconda elementare, ed in effetti penso che la sua istruzione si sia
fermata proprio lì, al giorno in cui gli hanno fatto la diagnosi di
DSA . Sarà stato dispensato dalla lettura e dalla scrittura, avrà
utilizzato il sintetizzatore vocale, il computer con il correttore
ortografico, ecc . Tutti i sistemi compensativi e dispensativi che la
legge prevede per questi casi e che noi dobbiamo ancora continuare ad
utilizzare per la sua istruzione.
Questo è l'aiuto così tanto sbandierato che viene dato a questi
studenti e questi sono i risultati.
Poi pensi alla teoria della "causa di origine biologica, genetica"
e capisci perché ad alcuni non gliene importa niente di scrivere,
alla prima difficoltà si fermano e si mettono a fare disegnini: è
stato detto loro che non devono sforzarsi, che non serve a niente
esercitarsi, /"perché di dislessia non si guarisce"./
Questi alunni sono tagliati fuori dall'istruzione, li ritrovi in
seconda superiore ancora più confusi di prima, alcuni nel frattempo
hanno accumulato incomprensioni, frustrazioni, proteste, peggiorando
a tal punto che vengono loro diagnosticati altri disturbi: ora sono
studenti BES (bisognosi di un piano educativo speciale), un modo
elegante per non dire portatore di handicap.
Da anni sono stati fatti notevoli sforzi per diminuire la
dispersione scolastica; ora qualcuno ha trovato un modo "scientifico"
per crearla.
Dopo tre consigli di classe, dove non si è fatto altro che elencare
il numero dei dislessici, il tipo di disturbo dell'apprendimento di
questo e quell'alunno, del ritardo mentale di uno e dell'iperattività
dell'altro, sono uscita dalla scuola dove lavoro, disgustata e
preoccupata.
Per la prima volta ho avuto la sensazione di vivere in una scuola
malata, dove i malati però non sono gli alunni.
Per fortuna durante le lezioni in classe, grazie alla voglia di
vivere, alla vivacità, all'allegria ed all'esuberanza degli studenti,
queste sensazioni negative ed angoscianti spariscono.
Prof.ssa Margherita Pellegrino
Ringraziamo la professoressa per il toccante conributo.
Raccomandiamo ai gentili lettori di inviare lettere concise. In caso contrario saremo costretti a ridurle. Questa è una tradizionale rubrica di lettere al direttore e non un forum. Essendo inoltre il nostro un giornale online, deve sempre proporre articoli brevi e quindi, a maggior ragione, lettere brevissime. Ringraziamo per la sensibilità dei cortesi corrispondenti.