Mi son sforzato di tacere finora cercando di superare l'amarezza del "regalo di San Silvestro" che il "companheiro Lula" ha fatto all'Italia, al Brasile e a Dilma. Ma, dopo le abbondanti festività e le belle spiagge del nordest, ci voleva qualche parola. Parola che proviene da chi risiede in Brasile da 34 anni e qui è sbarcato "sua sponte" proprio per evadere dal triste clima degli anni di piombo; un anno dopo, nel 1978, le BR avrebbero vilmente ucciso il mio professore di diritto penale all'Università di Roma, l'ex primo ministro Aldo Moro. So bene cosa sono stati gli anni di piombo a casa nostra quando lo stato democratico e di diritto doveva difendersi dagli attacchi criminali dei terroristi di sinistra e anche di destra. Per questo, faccio notare la brutale confusione che la sinistra brasiliana, pilotata dal PT al governo e dalle sue frange estremiste, fa tra gli anni di piombo brasiliani e quelli italiani. Qui, al contrario dell'Italia, si lottava anche in armi, contro una perfida dittatura militare per restaurare lo stato democratico e di diritto. È infamante che un presidente popolare e populista scelga, con palese disprezzo di tutti, l‘ultimo giorno del suo mandato per decretare la negazione alla richiesta italiana di estradizione di un volgare criminale come Battisti. Che fu legalmente condannato dalla giustizia italiana, francese e brasiliana e ora, dal Parlamento europeo. Infamante per tutti noi italiani, di qualsiasi estrazione, ideologia e residenza, è l'insinuazione che l'Italia di allora (sotto la presidenza Pertini!) non desse sufficienti garanzie giuridiche agli imputati e che il nostro sistema giudiziario possa apparire simile a quello di stati sudamericani o africani dominati dai gorilla. La richiesta di estradizione fu qui presentata dal Governo Prodi in nome dello stato su richiesta del potere giudiziario indipendente e non a titolo personale o del partito al governo in quel momento. Nulla hanno a che fare le questioni politiche interne e gli scandali personali dell'attuale disastrato governo. Alcuni brasiliani, specialmente quelli dell'intransigente sinistra retrograda e irremovibile ancora legata agli anni '60, nella loro abissale ignoranza storica del passato lontano e recente, non sanno realmente cosa succedeva in Italia. E credono che, come loro, dopo una partita di calcio o un delirante carnevale, anche gli italiani si possano dimenticare di gravi casi come questo. Non sanno forse cosa vuol dire etica giuridica, certezza del diritto, indipendenza del potere giudiziario, dignità dello stato e della nazione, principi che pur in crisi, si vogliono fermamente riaffermare ai massini livelli istituzionali. Per una bravata personale cui Lula ha legato il suo nome, hanno voluto offendere un paese come il nostro da cui hanno importato il sistema giuridico civile e penale, tra cui il diritto del lavoro e quello previdenziale. Paese che, tra l'altro, ha dato subito la cittadinanza italiana a sua moglie e ai suoi figli durante il suo mandato, sulla base dello "jus sanguinis". Le file nei nostri consolati per ottenere la cittadinanza italiana e il passaporto europeo sono sempre piú assillanti e annose da parte degli aventi diritto; pur mirando ai soli vantaggi pratici è evidente l'interesse ad ottenere tali documenti che aprono nuove porte. Paese che ha dato al Brasile un forte impulso "latu sensu" al suo sviluppo sin dal 1875 e che vanta oggi una popolazione di oltre 30 milioni di cittadini di origine italiana migliaia dei quali a doppia cittadinanza. Ma sono questi piccoli dettagli cui un operaio metallurgico sindacalista che ha giocato per otto anni a fare il presidente sfruttando, in nome proprio e con una micidiale propaganda interna ed estera, la politica economica, finanziaria e sociale dei suoi predecessori, non sa, né ha saputo dare dovuta importanza. Ha cosí voluto pestare i piedi proprio all'Italia nella sua smania terzomondista e xenofoba volendo significare che il Brasile non ha piú complessi d'inferiorità verso il cosiddetto primo mondo; s'é ritirato a degustare la cachaça (sport in cui é campione) dichiarando di essere felice di vedere in crisi europei, americani e giapponesi. Forse non ha capito di aver cosí sgonfiato lui stesso il pallone della idrolatria popolare e della auto esaltazione che lo avevavo sostenuto nei due mandati, facendolo sentire superiore ai presidenti Getulio Vargas e Juscelino Kubitscek ed anche all'imperatore Dom Pedro II. Ha prevalso insomma la convergenza ideologica – romantica- umanistica tra "companheiros" (l'asse con Battisti) sulla spinta dell'ala radicale del social - comunismo tropicale, in funzione delle elezioni del 2014. Alla faccia di Dilma che ha tradito col suo decreto dopo aver detto di volerla sollevare da questo caso di estradizione. Essa comunque, pur coerente col suo passato di guerrigliera, aveva detto in campagna che avrebbe fatto rispettare la sentenza del STF; le ha cosí lasciato una tremenda patata bollente allo scambio della fascia presidenziale. E alla faccia del diritto interno brasiliano e internazionale. Infine, alla faccia dell'Italia che non aveva capito affatto con chi aveva a che fare illudendosi di aver fatto un amico!. Il caso Battisti ha diviso i brasiliani tanto che l'83% della popolazione locale non sa che farsene qui di un ladro, assaltante (tecnico in espropri proletari), assassino e terrorista dell'ex PAC (Partito Armato per il Comunismo) da non confondere col PAC del governo del PT: il superbo e ambizioso Programma Accelerato di Crescita. La sinistra locale, forte del sostegno della isterica sinistra intellettuale francese lo fa passare per uno scrittore e perseguitato politico bisognoso di accoglienza e assistenza umanitaria. Solo ora la stampa, l'opinione pubblica e i giuristi si sono resi conto della gravitá della decisione di Lula e della crisi che ha aperto all'interno del paese coi suoi risvolti bilaterali e internazionali. Il nuovo governo minimizza, prende prudentemente tempo, usa un silenzio d'oro e capisce che la situazione deve essere ribaltata per le vie giudiziarie. È inutile dire le relazioni italo-brasiliane sono ottime finché resta questa spina nel fianco. Dopo due anni di tensioni diplomatiche più o meno ben cucinate e di relazioni concrete a marcia lenta, si poteva andare avanti su diversi grossi progetti bilaterali già siglati ma l'infelice decreto di Lula, cui il nostro governo ha fatto prontamente ricorso in sede giudiziaria brasiliana ed europea, ha raffreddato i formali buoni rapporti storici; lasciando ancora in aria questa deprecabile questione solo perché ha prevalso l'ideologia sul diritto, l'arroganza e la prepotenza personale sul buon senso e sulla diplomazia. Dilma, che rappresenta una nuova immagine presidenziale con una prevedibile gestione che dovrebbe prendere le distanze da quella precedente, attende ora la sentenza di revisione del STF a febbraio e tutti sperano che prevalga la sua sensibilità politica e di prima donna presidente. Cui prodest questo impasse? A nessuno. Una cosa positiva ha prodotto l'asse Lula-Battisti: ha unito tutti gli italiani, dentro e fuori patria e ha forse offerto un primo motivo di convergenza per festeggiare i 150 anni dell'Unità d'Italia.
Riccardo Fontana
Dilma Rousseff probabilmente prenderà una decisione diversa, mettendo la parola fine ad un contenzioso che rischia di incrinare gli storici rapporti di amicizia tra Italia e Brasile.
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