Vari episodi di violenza hanno turbato la vita delle comunità cristiane in India negli ultimi giorni. Due genitori hanno rapito e nascosto la loro figlia, ingegnere ventitreenne, perché si era convertita alla religione cristiana e stava seguendo un percorso di preparazione alla vita religiosa. Una moltitudine di fanatici ha assaltato una scuola retta dai Gesuiti perché un alunno di sette anni era improvvisamente morto per un attacco cardiaco. La madre di un pastore protestante è stata malmenata per obbligarla a convertirsi all'induismo. In India, con il nome di "Legge per la libertà religiosa", si stanno varando misure per proibire la conversione al Cristianesimo.
In Egitto negli ultimi giorni sono state incendiate cinquantotto chiese di varie confessioni cristiane, cattoliche, copte, ortodosse, anglicane e protestanti. Gli attacchi si sono verificati in tutto il Paese, ma principalmente nelle zone dove sono numerosi i gruppi della Jiad. Bisogna dire che tanti musulmani si sono prodigati nell'opera di spegnimento degli incendi, a dimostrazione del fatto che le due comunità da secoli convivono senza grossi problemi e che solo con la nascita del fondamentalismo i contrasti si sono acuiti.
Quello che tanta stampa occidentale ha descritto come un golpe militare contro il presidente Morsi, democraticamente eletto, andrebbe visto in una diversa angolazione. Morsi stava cambiando la Costituzione in modo consono alle aspettative dei Fratelli Musulmani, in un Paese in cui il dieci per cento della popolazione è cristiano-copta e dove dai tempi di Nasser i militari al potere hanno garantito la laicità dello Stato.
Nella Turchia che aspira ad essere Europa il laicismo statale teorizzato in tempi lontani dai Giovani Turchi si sta sgretolando, non facendo presagire nulla di buono.
Anche negli avvenimenti siriani le cose non stanno come da qualche parte si vuol far credere. Fin dall'inizio della rivolta diversi siti cristiani hanno avanzato dubbi sul destino del Cristianesimo in Siria se dovesse cadere il regime di Assad. Una preoccupazione è stata espressa dal capo spirituale dei cristiani armeni dell'Alta Mesopotamia al Meeting di Rimini di Comunione e Liberazione. Padre Antranig Ayvazian si è chiesto polemicamente chi finanzia i ribelli islamici e perché i Paesi occidentali non abbiano nulla da dire sull'Arabia Saudita e sugli altri Paesi del Golfo in cui non c'è democrazia né tantomeno libertà religiosa ed in cui le donne non hanno alcun diritto.
Quello che sta per accadere in Siria ricalca il copione della cosiddetta "Primavera araba". Approfittando dei disordini interni alla Tunisia, la Francia pensò bene di chiudere i conti con una Libia in cui l'Italia aveva il quasi monopolio nei settori portanti dell'economia. USA e Gran Bretagna le andarono dietro e si accodò anche l'Italia, nonostante la guerra contro Gheddafi andasse decisamente contro i propri interessi economici e soprattutto nonostante un trattato di amicizia sottoscritto in pompa magna.
Adesso Hollande, dimentico della fine di Sarkozy e forse non consapevole che la Francia ha smesso da molto tempo di essere una potenza, ha cominciato ad alzare la voce sulla necessità di un pronto intervento armato in Siria, subito spalleggiato da Cameron, esponente di un'altra potenza decaduta, e da Obama, che si sente un missionario come Kennedy nel Viet-Nam. Il parere dell'Italia non viene tenuto in considerazione, tanto si accoderà. Se l'ONU non potrà essere tirato in ballo per il veto della Russia, nessun problema; si farà come nel Kossovo ai tempi di D'Alema.
C'è poco da aggiungere, sembra un copione già recitato. Médecins sans Frontières, lodevole organizzazione nata in Francia, afferma che ci sono centinaia di civili gasati, la Siria accetta gli ispettori ma per Obama "è troppo tardi", come per Bush junior non erano degni di attenzione gli ispettori che dicevano che Saddam non aveva armi di distruzione di massa. Tra breve ci sarà una ennesima missione di "pace", alla quale parteciperanno forse anche gli italiani (verrebbe da dire in versione ascari, se non si offendessero gloriosissimi soldati che per settant'anni si sono sacrificati per la nostra bandiera, tra l'altro con l'unico lancio di paracadutisti in zona di battaglia della nostra storia militare).
articolo pubblicato il: 26/08/2013