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speciale Bandung
l'eredita'
di G. D.

La conferenza di Bandung si puo’ considerare un successo? Molte delle buone intenzioni messe allora nero su bianco si sono con gli anni rivelate carta straccia, per demerito degli stessi Paesi che li’ le sottoscrissero, come la Cina, che non esito’ quattro anni dopo ad occupare ed annettere il mistico Tibet ed in seguito ha dato vita al massacro sistematico dei propri oppositori interni o come altri Paesi, che hanno dato vita a regimi oppressivi e corrotti.

Indubbiamente, pero’, e’ stato dopo Bandung che e’ iniziato il processo di decolonizzazione, pacifico in alcuni casi, cruento in altri. Le colonie inglesi divennero tranquillamente indipendenti nel 1960, il Congo belga nello stesso anno, ma con in seguito anni di feroce guerra civile, cosi’ come l’Algeria, che otterra’ l’indipendenza nel 1962 dopo una guerriglia terribile contro l’esercito francese.

Il movimento dei Paesi non Allineati si e’ mantenuto come terza forza sullo scenario internazionale per una trentina di anni: ha istituito forum nell’ONU, ha condotto negoziati Est-Ovest per mantenere il dialogo Nord-Sud, ha introdotto il discorso di un nuovo ordine economico internazionale, ha fatto pressioni per un commercio ugualitario.

Nel concreto, il movimento ha ottenuto poche vittorie, come il GATT, la protezione di alcune industrie incipienti, l’istituzione di un Comitato all’interno del Fondo Monetario Internazionale per lo studio dei problemi dello sviluppo.

Ma i risultati di quella illusione sono chiari. I 116 Paesi definiti “in via di sviluppo”, che avevano conseguito una crescita media del PIL pro capite del 3,1 per cento tra il 1960 ed il 1980, tra il 1980 ed il 2000 sono cresciuti appena del 1,4 per cento. Pertanto, con alcune eccezioni, non hanno prospettive di sviluppo. Continuano a rappresentare la condizione di Paesi periferici.

Molto poco per una commemorazione che ha visto decine di Capi di Stato tornare dopo cinquant’anni nell’isola di Giava.

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