INCONTRI, INCROCI, ATTRAVERSAMENTI, STORIE
dedicato a Gianni Tabò
t e a t r o
VASCELLO
Sala Giancarlo Nanni
5ª edizione | dal 27 Ottobre 2011
Dopo il successo delle passate edizioni, torna l'appuntamento più irriverente e abrasivo della capitale. "COSE" la rassegna di "arti
involontarie" dedicata alla ricerca e al mondo delle espressioni artistiche più disparate. Il jazz, l'improvvisazione, la musica
contemporanea, l'arte visuale, la sperimentazione e le connessioni in genere. Primo appuntamento della stagione giovedì 27 Ottobre 2011 e a
seguire sempre di lunedì, nella straordinaria cornice dello storico Teatro VASCELLO, da sempre luogo di ricerca e sperimentazione situato nel
cuore di Roma.
Presso la Sala Giancarlo Nanni del Teatro, con 14 progetti si tenterà di dare sangue e anima ad eventi unici e di grande suggestione,
non necessariamente legati alle rigide leggi del mercato dell'arte, ma sicuramente attenti alla vitalità, alla qualità e alla originalità
intrinseca.
Come nello stile di "COSE" si avvicenderanno sul palco di via Carini a Monteverde, formazioni provenienti da tutto il mondo, recital
solitari, inediti connubi, il passato e il futuro si daranno appuntamento per tutta la prossima stagione al Teatro Vascello, il lunedì a
partire dalle ore 21.
Teatro VASCELLO ~ Ore 21 | Biglietti 20€/15€
Via G. Carini 78 | 06 5881021 / 06 5898031 www.teatrovascello.it
giovedì 27 ottobre 2011
SQUARTET (ITA)
Fabiano MARCUCCI basso Marco Di GASBARRO batteria Manlio MARESCA chitarra
Formati a Roma nel 2004, gli Squartet propongono brevi composizioni per tre strumenti in cui la lezione di musica Rock viene riletta alla
luce di quei generi cosiddetti "di rottura" apparsi negli ultimi trent' anni. La vera missione del trio è superare gli sperimentalismi e
ridefinire il concetto di "orecchiabile", "ballabile", in ultima analisi "godibile", attingendo a quell' universo artistico, o più spesso
prosaico, che circonda la musica contemporanea.
Il gruppo è composto da Fabiano Marcucci al basso, Manlio Maresca alla chitarra e Marco Di Gasbarro alla batteria, musicisti con esperienze
consolidate nel mondo jazzistico (I Mostri, Orchestra Nazionale di Jazz), classico (Orchestra Giovanile di Santa Cecilia), pop/folk (Nada,
Antonella Ruggiero, Ardecore, con cui vincono la targa Tenco nel 2007), di avanguardia (Neo, Ay) e teatrale (Aqua Micans Group).
A maggio 2005 gli Squartet pubblicano il primo omonimo album, prodotto dal network di musicisti Jazzcore Incorporati. Danno quindi inizio ad
in un' intensa attività live, grazie alla quale entrano in contatto con le realtà più interessanti della musica creativa europea. Uwaga!
(2008) è il secondo lavoro: distribuito da Waysidemusic/Cuneiform Records per gli Stati Uniti (Soft Machine, Doctor Nerve, Fred Frith), in
Italia è in catalogo con Goodfellas. L' album è frutto dell' esperienza di tre anni di sala prove e tour; è stato registrato al Locomotore di
Roma e masterizzato da Maurizio Giannotti presso il Newmastering di Milano, con la grafica di Fuz & Gorcin Zec (Quartopiano, Parigi).
Verranno presentati in anteprima brani del nuovo album, in fase di composizione.
CHES SMITH's These Arches ft. TIM BERNE (USA)
Tim BERNE alto saxphone Tony MALABY tenor & soprano saxphones
Mary HALVORSON guitar Andrea PARKINS accordeon Ches SMITH drums
Esce su Skirl Records [e già questo basterebbe per comprarlo a occhi chiusi] l'atteso debutto di Ches Smith, batterista dal talento
mostruoso che da qualche anno sta esattamente al centro della nuova Brooklyn. Dopo averlo scoperto con The Door, The Hat, The Chair, The Fact
di Ben Goldberg e ascoltato nei Ceramic Dog di Marc Ribot, dal vivo con i Los Totopos di Tim Berne e con Mary Halvorson nel meraviglioso
Dragon's Head, la curiosità di tastare il polso alle sue doti di leader e compositore era davvero tanta.
In Finally out of my Hands lo troviamo alle testa del quartetto These Arches, completato dalla fida chitarra della Halvorson, dal robusto sax
tenore di Tony Malaby e dalle chincaglierie assortite di Andrea Parkins: fisarmonica, organo e il consueto stuolo di gingilli elettronici.
Fin dall'iniziale "Anxiety Disorder" si respira aria di New York. I temi tortuosi ma incalzanti, la spiccata connotazione ritmica dei brani,
gli echi downtown, gli inconfondibili accenti urbani, la fatale attrazione per gli spigoli, la nervosa inquietudine di fondo. Il jazz da
quelle parti si fa così. I primi nomi che vengono in mente sono quelli di Tim Berne e Ellery Eskelin [non solo per la presenza della
Parkins], anche se il piglio è tipicamente brooklyniano.
Dicevamo dell'iniziale "Anxiety Disorder". La chitarra della Halvorson snocciola l'introduzione; Malaby, poi doppiato dalla fisarmonica, ci
presenta il tema. Il brano deraglia verso il minuto e mezzo. La batteria ordina il rompete le righe e inizia il gioco al massacro, con alcuni
passaggi di autentico furore e altri più cameristici. Il tema riappare solo nel finale, quando Smith richiama i compagni all'ordine e in un
crescendo di rullate fa calare il sipario.
L'oscillazione tra rigidità delle strutture e fluidità dell'improvvisazione è il filo conduttore del disco. Le composizioni di Smith, una
dopo l'altra, vengono sistematicamente sbranate. Con sagacia e sapienza il quartetto le smonta e rimonta sotto gli occhi dell'attonito
ascoltatore. La labirintica "Finally Out of My Hands," ad esempio, viene disciolta nell'acido di una concitata free jam. "Sixteen Bars for
Jail" perde i pezzi strada facendo. "Conclusion" pulsa splendidamente fino ai tre minuti e mezzo, sfaldandosi sul più bello sotto i colpi di
un solo di batteria. La strepitosa "Civilization" ha un che di sinistramente ornettiano; almeno fino ai due minuti, perché poi si procede
senza rete e senza schemi.
«I write the music, they demolish it». «Io scrivo la musica, loro la demoliscono». Parola di Ches Smith.
articolo pubblicato il: 26/10/2011