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problemi di leadership

l'immagine dell'Italia all'estero

di Vittorio Sordini

Il Ceo della Commerzbank dice che l'Italia ha un problema con la leadership politica, non con la leadership economica. Lo ha comunicato l'agenzia Reuters.

Ci sarebbe da domandarsi il contesto, la motivazione e l'effetto che il Ceo spererebbe di ottenere con di questa affermazione. In ambienti finanziari circola costantemente l'affermazione che il popolo degli investitori ha la memoria corta, e quasi sempre non fa tesoro delle esperienze maturate, e tende a perpetrare sistematicamente i medesimi errori: tuttavia, gli investitori, per quanto possano essere inclini alla memoria labile, difficilmente possono aver dimenticato che la crisi che stiamo vivendo a livello planetario è stata innescata da un uso distorto di strumenti finanziari complessi nelle mani di banchieri - delle due una sicuramente- disonesti o incapaci.

Oggi appare quantomeno singolare che coloro i quali hanno ampiamente dimostrato di non essere assolutamente all'altezza del compito che la Società gli ha affidato si permettano di fare affermazioni che, anche solo indirettamente, possano portare pregiudizio ai principi di democrazia che vigono, almeno formalmente, nel nostro Paese. Si può anche non essere d'accordo con le scelte dell'Esecutivo, ma nessuno ha il diritto anche solo di pensare di sostituirlo senza il consenso degli elettori.

Il vero problema di leadership politica è nell'Europa, istituzione che, ad oggi, è stata in grado di creare solo un'unione economica, basata tra l'altro su una serie di trattati che si sono tradotti in un fardello che limita l'autonomia e competitività dei singoli stati dell'Unione stessa nei confronti dell'aggressione economica sia degli Emergenti sia di coloro che subdolamente applicano politiche protezioniste. Per quanto riguarda la creazione della moneta unica europea, si è trattato di un'operazione contabile ardita, basata su calcoli previsionali, che ha penalizzato l'Italia al momento dell'entrata nell'Euro e la sta penalizzando maggiormente oggi.

La prima volta l'Italia è stata penalizzata per il tasso di cambio euro/lira, un tasso di cambio che, di fatto, ha tagliato a metà il potere di acquisto dei salari (i prezzi in un batter d'occhio si sono adeguati a un euro ogni mille lire). Se il tasso di cambio fosse stato 1 euro per 1500 lire, con lo stesso principio, il potere d'acquisto si sarebbe ridotto solamente di un terzo. La pasticca fu ingoiata perché ci è stato sempre spiegato, e sempre è stato sostenuto dagli economisti prevalentemente di area di centro sinistra, che rimanendo fuori dell'euro la nostra situazione economica sarebbe precipitata in breve tempo. Non credo di poter essere tacciato di viscerale pessimismo se mi permetto di pensare che la nostra situazione è gravissima. Probabilmente ci troviamo nella stessa situazione del 1990 quando, con un attacco speculativo alla lira, ci costrinsero ad uscire dal sistema monetario europeo che allora era in vigore (una specie di euro all'acqua di rose). In quel periodo si poteva ricorrere alla cosiddetta svalutazione competitiva.

La lira si svalutava rispetto alle altre monete con due effetti: il primo, immediato, riduceva il potere d'acquisto dei salari e comprimeva i consumi interni, il secondo favoriva l'esportazione, che successivamente consentiva un incremento della produttività. Il ribilanciamento interno avveniva in via automatica con la scala mobile, che riadeguava il potere d'acquisto dei salari. Nel tempo questi meccanismi sono stati eliminati, in ossequio alla linea di pensiero che questi fossero elementi determinanti la distorsione del libero mercato, facilitando una rincorsa all'adeguamento dei salari rispetto all'aumento dei prezzi, e generando in modo automatico la grande iattura denominata svalutazione.

In questo modo, con il ragionamento, si capovolse l'impianto del teorema, difatti l'effetto è diventato la causa. Si è pensato che la prima cosa che dovesse essere fatta fosse la lotta alla svalutazione, senza tenere in alcuna considerazione alcuni affetti di questa. Il più banale è quello di restituire al prestatario un valore nominale aumentato degli interessi e decurtato della svalutazione. Ora in un Paese come l'Italia con un debito pubblico fantasmagorico, l'ultima delle preoccupazioni dovrebbe essere stata quella della svalutazione. Un debito pubblico in gran parte in mano alle famiglie italiane,depositato nelle banche italiane con la possibilità da parte di queste di considerarlo tra gli attivi di bilancio ai fini del calcolo dell'entità dei possibili impieghi, avrebbe potuto permettere a questo Paese di continuare allegramente con un costo della politica talmente alto da fare paura.

Oggi tutto questo è finito e ci troviamo di fronte all'euro, moneta costruita a tavolino e non creata per la effettiva necessità per cui si crea una moneta: elemento di compensazione degli scambi all'interno di un perimetro denominato Stato, cioè territorio avente una identicità di leggi che regolano ogni aspetto della vita civile sociale ed economica di una nazione che vive all'interno dell'area denominata Stato. Oggi ci troviamo a dover competere con elementi e fantasmi nuovi e vecchi senza avere alcuno strumento idoneo a fronteggiarli. Pertanto ci troviamo di fronte all'utilizzo di strumenti finanziari complessi maneggiati da irresponsabili spesso incapaci e/o disonesti, a speculatori dotati del solo scrupolo di ottenere il massimo guadagno possibile per se stessi, ad amministratori che pur di ottenere alte valutazioni nell'immediato ( alle quali sono legate importanti voci del loro stipendio "milioni di euro") non esitano a mettere a repentaglio la stabilità nel tempo delle imprese loro affidate. Di fronte a tutto questo perlomeno non mettiamo a repentaglio la democrazia, e per non mettere a repentaglio la democrazia è necessario non prestare orecchio alle Sirene (vedi Ceo della Commerzbank ed altri) che indicano un punto lontano, mentre la soluzione è sotto i nostri occhi. Procedere immediatamente ad un taglio drastico e lineare delle spese della politica e ad una lotta concreta effettuata con mezzi concreti all'evasione ed elusione fiscale, un riequilibrio immediato tra nord e centro sud del Paese. Se non si riesce a risolvere il problema tra Nord e sud in Italia come si può sperare che possa essere risolto quello tra nord e sud dell'Europa solo introducendo una moneta unica?

articolo pubblicato il: 12/09/2011 ultima modifica: 26/09/2011

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