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l'agonia di Napoli nell'incapacità della classe politica partenopea
di Paolo Carotenuto

Chi sono i responsabili del degrado napoletano?

L'agonia di Napoli nell'incapacità della classe politica partenopea

Il dramma di una città nasce dall'incapacità dell'intera classe politica di dare una risposta concreta ai bisogni dei cittadini

Qualche settimana fa il settimanale Oggi ha dedicato un ampio servizio alla città di Napoli ed al suo sindaco, Rosa Russo Iervolino. Si è trattato del solito articolo preconfezionato ed ossequioso nei confronti di una giunta che appare protesa a compiere grandi opere per restituire dignità, sviluppo e benessere ad una città violentata da troppi scempi e soprusi compiuti in un passato remoto.

Il ritratto che è venuto fuori della Iervolino, poi, è quasi quello di un amministratore che ha donato alla città gli strumenti per il riscatto. Il passaggio più pietoso dell'intervista è quello in cui il sindaco auspica la trasformazione di Napoli in una città a vocazione turistica con la costruzione di nuovi alberghi e strutture adatte ad accogliere un flusso di visitatori sempre crescente.

Questo illuminato ed illuminante quadro viene purtroppo disegnato proprio in uno dei momenti più cupi vissuti dalla città che deve far fronte, oltre agli endemici problemi costituiti dalla malavita organizzata e da una impostazione culturale della popolazione poco propensa all'intrapresa, con un decadimento desolante, accettato quasi con rassegnazione dai cittadini e dalle forze politiche e ciecamente ignorato da un sindaco e da una amministrazione comunale che fino ad oggi si è segnalata solo per la sua inettitudine e incapacità, favorendo l'affermazione di comportamenti prepotenti e vagamente anarchici. Una città abbandonata a sé stessa, ad una deriva che offre spettacoli poco edificanti riscontrabili anche nei luoghi in cui si dovrebbe materializzare quell'accoglienza ai turisti tanto auspicata.

Tutto ciò è il frutto di anni di malgoverno, passando dall'illusorio riscatto della Napoli del primo Bassolino, guidato dall'assessore dell'effimero, Nicolini, che pure ebbe il merito di cavalcare quella voglia di riscatto di una città divenuta centro del mondo in occasione del G7 del 1994, a quella del secondo Bassolino, impegnato a coltivare più nello specifico i suoi interessi politici ed affini, per poi finire alla deprimente era Iervolino che passerà alla storia come la gran visionaria volta a descrivere la vitalità di una città aperta a culture e civiltà diverse e restando indifferente alla precaria vivibilità in cui versano molti quartieri proprio in seguito all'invasione di un gran numero di extracomunitari, molti dei quali espressione della peggior faccia dei paesi di provenienza. Come se non bastasse, ecco giungere la minaccia per la città con il recente proclama dell'ex ministro dell'Interno che si è dichiarata disponibile a ricandidarsi alle prossime comunali del 2006.
Della serie "si può fare ancora peggio".

Così, con tutti i suoi limiti, si è finito per rimpiangere la prima giunta Bassolino quando, nella disperata ricerca dell'affermazione della propria immagine, la città sembrò rifiorire aprendo le sue infinite bellezze paesaggistiche, architettoniche ed artistiche ad un pubblico tanto vasto quanto ignaro dell'esistenza di un simile patrimonio.

Certo il malaffare e l'utilizzo della cosa pubblica per finalità individuali e speculative non sono mai venuti meno e innumerevoli furono gli eccessi di quella amministrazione con uno sperpero di denaro pubblico non indifferente, usato per promuovere la figura di un Bassolino in grado di svestire i panni di imbranato, grigio e balbuziente dirigente post-comunista che lo aveva fino ad allora contraddistinto, per indossare quelli del salvatore della patria, del capopopolo. Grazie a lui si son tenuti concerti e manifestazioni in piazza, con un suo presenzialismo che a volte rasentava il ridicolo, tanto da portarlo ad inaugurare nell'arco di poco più di 12 mesi due volte lo stesso parco (ultimato tra l'altro prima ancora della sua elezione) in un quartiere della periferia.

E' il Bassolino dei bagni di folla, è il Bassolino che stacca un assegno, a spese del Comune di Napoli, a otto zeri per la famosa montagna di sale di piazza del Plebiscito che diede il via ad una serie di indecenti opere milionarie esposte nel salotto di Napoli nelle festività natalizie, tutte accomunate dalla bruttezza oltre che dal discutibile valore artistico e dal messaggio intrinseco che vorrebbero comunicare. Ed è anche il Bassolino che, da non credente, sarà sempre in prima fila ad assistere al miracolo di San Gennaro, perché "dinanzi ad un simile evento non si può che restare affascinati". In realtà si trattava dell'essenza "laica ed atea" che si faceva da parte per proporre l'affermazione del politico sotto i riflettori della ribalta, con il sindaco sempre più amato dalla gente che bacia l'ampolla del mistero. Una tradizione che ha conservato ancora oggi che è diventato presidente della Regione Campania.

Il popolo napoletano è fatto così, ama chi è capace di accendere il suo cuore ed il suo entusiasmo, ed in questo Bassolino è stato un maestro, eguagliando i Masaniello, i Lauro, i Maradona, diventando per tutti o'Sindaco, vero artista nell'uso della demagogia e della propaganda.

Ma Bassolino non è stato solo questo. Figlio di una certa cultura ed espressione politica, è stato anche un grande accentratore: ha inanellato favori per amici e affini, ha collezionato incarichi diventando ministro del Lavoro quando era in corso il suo secondo mandato di sindaco di Napoli, finché l'uccisione del suo collaboratore D'Antona per mano delle brigate rosse non lo spinsero a tornare sui suoi passi riabbracciando a tempo pieno il vecchio ruolo in città. Nomine ed assegnazione di lavori pubblici passavano tutte dalle sue mani, da Governatore della Regione si è fatto nominare commissario straordinario per il dissesto idrogeologico del territorio, ottenuto in seguito alla tragedia di Sarno, e commissario straordinario per l'emergenza rifiuti, il suo più clamoroso fallimento. Ruoli attraverso i quali passavano ingenti risorse economiche, da tenere rigorosamente sotto controllo.

Ma quella di Napoli non è la storia di buoni da una parte e cattivi dall'altra, incompetenti al governo e abili politici ignorati. A Napoli maggioranza di centrosinistra e minoranza di centrodestra sono accomunate nelle responsabilità. Forza Italia, il principale partito dell'opposizione, guidato dal viceministro ai Beni Culturali, Antonio Martusciello, si è sempre segnalata per la sua inerzia inoffensiva con atteggiamenti politici anche piuttosto goffi e discutibili. Le mostruosità che la sinistra ci ha regalato in quasi tre lustri hanno offerto all'opposizione infiniti spunti per riconquistare credibilità attraverso denunce efficaci e proposte concrete.

Nulla di tutto questo è avvenuto, anzi ci si è ridotti anche ad accordi trasversali alla Regione con una maggioranza protagonista di una politica indifendibile ed arrogante. E con la città in piena emergenza su più fronti, Martusciello ed il suo partito non hanno pensato a nulla di meglio che augurare ai cittadini napoletani un buon anno nuovo con manifesti e cartelloni mobili, esprimendo il proprio giubilo per la promozione di fine anno ottenuta dallo stesso Martusciello a viceministro (era sottosegretario all'Ambiente) a conferma del suo impegno nel Governo nel quale si è fatto portatore delle problematiche del Mezzogiorno. Evidentemente nessuno gli avrà spiegato che il Mezzogiorno lo si sostiene con progetti e interventi di rilancio dell'economia e della sicurezza e non con la promozione di un marginale burocrate di periferia, tanto che ci continuiamo a chiedere quali siano questi risultati concreti ottenuti per il Mezzogiorno dalla sua azione politica. Ovviamente, nonostante la buona volontà, questi dubbi amletici resteranno senza una risposta convincente.

E' dunque questo il dramma vero che sta vivendo questa città e la regione di cui è capoluogo. Una crisi istituzionale, una crisi di uomini, idee, proposte, che hanno favorito il progredire del degrado e della delinquenza che indisturbata ha riconquistato potere e mezzi senza trovare risposte convincenti da una sapiente azione di controllo del territorio.

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