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cronache
Marco Balliani

a Retroscena


"La narrazione è antropologicamente iscritta nel nostro dna" esordisce così l'ospite della ventesima puntata di "Retroscena", poeta in viaggio, l'affabulatore che affascina e incanta, il narratore che "ha cavalcato per anni in groppa a una sedia", l'artista nomade e che non ha e non vuole avere legami con istituzioni e teatri stabili: Marco Baliani. "Alfiere" del teatro di narrazione ci racconta in primis i pregi e i difetti di questo fenomeno dilagante: "il teatro di narrazione è scivolato un po' troppo verso il cosiddetto teatro civile, si è riempito di contenuti politici di denuncia e rischia di perdere la dimensione della fabula; evidentemente c'è una necessità di parlare del nostro passato prossimo, di ricordare ciò che è giusto non venga dimenticato; ma è altrettanto fondamentale che la narrazione non fornisca tesi da prendere e accettare; il teatro è il luogo delle domande, non delle risposte!".

Baliani è in tournée con il suo ultimo allestimento "Piazza d'Italia" tratto dall'omonima favola in tre tempi di Antonio Tabucchi, realizzato in occasione del 150° dell'Unificazione. Sullo sfondo della rappresentazione, la grande storia dell'Italia: dalle imprese dei Mille alla costituzione della nostra Repubblica, dal Dopoguerra fino agli anni Sessanta. Attraverso le vicende particolari di una famiglia toscana di matrice anarchico-garibaldina, accompagnata nel suo susseguirsi generazionale, Baliani ci offre una galleria fotografica di ritratti che prendono vita nel corpo degli attori mantenendo la coralità epica del romanzo di Tabucchi. Anche se può forse non sembrare, tanti italiani, come i personaggi del romanzo di Tabucchi, credono nella giustizia come valore condiviso, nei diritti e nella solidarietà" ha dichiarato Baliani.

Il faccia a faccia avuto con Michele Sciancalepore ha fornito l'occasione di parlare non solo del presente, seppure ricco di novità, ma anche del passato del regista di Verbania partendo proprio da "Kohlhaas", scritto a quattro mani con Remo Rostagno nel 1990, che ormai è diventato uno spettacolo "cult", con centinaia di rappresentazioni, amato da pubblico e critica. Solo in scena su una sedia e supportato dalla sua mimica espressiva, Baliani incanta un pubblico di ogni età, narrando la storia realmente accaduta, nella Germania del 1500, di un mercante di cavalli, vittima della corruzione dominante della giustizia statale. "In Kohlhaas il tema della giustizia, che è un grande tema civile, viene vissuto però attraverso le contraddizioni di un personaggio" dichiara Baliani.

articolo pubblicato il: 05/03/2010

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