Fra non molto tempo sapremo se la sindrome di Madrid avra' colpito anche l'Italia. Con il 15 di giugno, con le elezioni europee e quelle amministrative in buona parte del nostro Paese, avremo un'idea precisa dello stato di disagio e di preoccupazione che sta attraversando mezza Europa, e capire se sara' stato assorbito o addirittura esaurito. Ma abbiamo qualche dubbio.
Le elezioni politiche in Spagna all'indomani della strage ad opera dei terroristi islamici hanno aperto un nuovo e preoccupante capitolo della politica estera europea con il cambiamento della maggioranza alle Cortes, seguita subito dopo dal tracollo elettorale della destra (?) gollista in Francia nelle "regionali". Aznar aveva il merito di aver trasformato, con le sue riforme, la Spagna in una delle piu' promettenti economie europee ed anche per questo aveva alla vigilia il favore dei pronostici. Ma non gli e' bastato perche' c'e' stata di mezzo la guerra in Irak. Chirac e il suo premier Raffarin pagano invece sicuramente le scelte riformistiche di politica interna, ma non possono escludere che la sconfitta possa essere legata anche alle posizioni, opposte a quelle del premier spagnolo, ma apparse all'opinione pubblica francese inutilmente antiamericane e comunque insufficienti. Non c'e' dubbio che una parte degli elettori di centrodestra abbia preferito astenersi o votare contro, facendo con cio' il gioco delle sinistre che sul pacifismo la pensano come quelle italiane, ma il grosso delle defezioni delle forze golliste sembra essere ancora di piu' motivato dalla speranza che il loro Paese rimanga fuori dalle strategie stragiste.
Abbiamo l'impressione in sostanza che i risultati elettorali in due fra i piu' grandi Paesi europei abbiano avuto la stessa matrice emotiva, la sindrome di Madrid appunto, con il desiderio e la speranza, non tanto nascosti per la verita', di rimaner fuori dalla portata delle bombe degli stragisti musulmani. Come non si sa, ma intanto- avra' pensato quella parte degli elettori di centro spostatasi a sinistra- cambiamo registro e che Dio ce la mandi buona.
Che lo stato di disagio e di paura serpeggi in Europa si è intravisto nell'ultima riunione dei ministri competenti a Bruxelles dove ci si e' accordati sulla necessita' di un maggior scambio di informazioni sulla lotta al terrorismo, sull'incarico ad un "esperto" di coordinare l'azione delle varie forze e poi basta, salvo le consuete dichiarazioni verbali di solidarieta'.
Si ha la sensazione e forse qualcosa di piu', di un esteso desiderio di defilarsi, lasciando a cavarsela da soli quei Paesi della Comunità piu' a rischio del terrorismo suicida e l'Italia tra questi. Se si votasse ora, ha detto infatti giorni fa un esponente dei DS, la sinistra avrebbe in Italia almeno un dieci per cento in piu' degli avversari. E non c'e' bisogno di tanti sondaggi per crederlo possibile anche se non con queste dimensioni.
Berlusconi in piena campagna elettorale fa il possibile per puntare sugli altri problemi italiani, che sono tanti, e su quello che ha fatto il Governo in questi tre anni. Forse sta cercando di limitare i danni e trattandosi non di elezioni politiche gli potrebbe pur bastare, ma il grave fantasma che circola in Europa non viene neppure individuato: l'"appeasement" di infausta memoria storica, con il rischio non tanto remoto di un nuovo "isolazionismo" americano. Gli USA stanno a guardare questa sorta di disimpegno globale degli alleati occidentali con molta apprensione, non capiscono i distinguo di molti, hanno sempre sotto gli occhi le scene delle Twin Towers crollare sui tremila suoi concittadini, non si fermeranno percio' tanto facilmente. Poi alla fin fine si chiederanno " ma chi ce la fa fare? " con tanto di ritorno, questa volta piu' giustificato, alla dottrina isolazionista che caratterizzo' la politica estera americana fra le due guerre mondiali, con le conseguenze che tutti in Europa conosciamo.