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il cinema di caino
"L’innocenza" (2023)

Hirokazu Kore-Eda

di Gordiano Lupi

Una storia raccontata secondo tre diversi punti di vista che solo nel finale giunge a soluzione, dopo aver tenuto lo spettatore in tensione per oltre due ore di pellicola, montata secondo i tempi del cinema di suspense e definita secondo i criteri del realismo magico. Minato ha undici anni e tanti problemi adolescenziali, vive con la madre ed è orfano del padre, da un po’ di tempo torna da scuola facendo discorsi assurdi e tenendo comportamenti strani. Tutto farebbe pensare che il maestro sia un violento e che segua metodi di insegnamento riprovevoli, la madre protesta con la preside, a questo punto si apre un ventaglio di possibilità che secondo la narrazione dei diretti interessati prendono strade diverse. Fino a uno sconvolgente quanto imprevedibile finale che ci fa scoprire una storia di amicizia adolescenziale che sconfina quasi nell’amore.

Un film diviso in tre parti: il punto di vista della madre, del maestro e dei due ragazzini; il titolo originale Kaibutsu (Mostro - internazionale Monster), sarebbe stato da conservare nella versione italiana, perché serve a definire il rapporto tra i due adolescenti. Kore-Eda ci ha abituato con il suo cinema a tener presente che non sempre la verità è quel che sembra, in questo lavoro conferma la sua poetica e scrive un vero e proprio thriller sul rapporto madre - figlio, aggiungendo la complessità di una dinamica scolastica. La componente autobiografica non manca in Kore-Heda che conosce bene la situazione di un figlio allevato da una madre sola, così come la famiglia e i bambini sono una costante nel suo cinema, sin dai primi documentari. Sedicesimo lungometraggio del regista nativo di Tokio, premio per la migliore sceneggiatura - opera di Yūji Sakamoto - al Festival di Cannes, dove Kore-Heda aveva trionfato nel 2013 con Father and Son (Premio della Giuria) e nel 2018 con Un affare di famiglia (Palma d’Oro).

L’innocenza ha la caratteristica di essere il primo film tratto da una sceneggiatura non scritta dal regista, anche se la storia rispecchia la poetica di Kore-Heda ed è montata in modo originale, secondo la lezione di Kurosawa (Rashmon). Fotografia plumbea degli ampi spazi esterni con una città che si distende attorno al mare; montaggio curato in prima persona dal regista, che conferisce al film dinamicità e tensione, nonostante la lunghezza; colonna sonora al pianoforte non invasiva, persino discreta. Interpreti molto bravi, soprattutto i due bambini, con il regista che dimostra ancora una volta di essere un grande direttore di attori. Il film è un inno all’anticonformismo, alle persone che non si adattano e che rifiutano i comportamenti comuni, così come è un indagine nella mente del bambino, oggetto misterioso nel mondo degli adulti. Finale da realismo magico, consolatorio, forse solo immaginato, con i bambini che sognano di essere nati a nuova vita dopo la distruzione del mondo. Da vedere, come tutti i film del Maestro giapponese.

Regia: Hirokazu Kore-Eda. Soggetto e Sceneggiatura: Yūji Sakamoto. Montaggio: Hirokazu Kore-Eda. Fotografia: Ryūto Kondō. Musiche: Ryūichi Sakamoto. Scenografia: Seo Hyeon-seon. Costumi: Kazuko Kurosawa. Trucco: Mutsuki Sakai. Produttori: Genki Kawamura, Kenji Yamada. Case di Produzione: Toho, Gaga Films, Fuji Television, AOI Pro, Bun-Buku. Distribuzione (Italia): Luky Red, Bim Distribuzione. Titolo Originale: 怪物 (Monster). Lingua Originale: Giapponese. Paese di Produzione: Giappone. Anno: 2023. Durata: 127’. Genere: Drammatico. Interpreti: Sakura Andō (saori), Eita Nagayama (professor Hori). Soya Kurokawa (Minato), Yota Hiiragi (Eri), Mitsuki Takahata (Hirona), Akihiro Tsunoda (vicepreside Shōda), Shidō Nakamura (Kiyotaka).

articolo pubblicato il: 31/10/2024

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