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editoriale
damnatio memoriae
di Teddy Martinazzi

Diversi anni fa, una dirigente scolastica aderente a Rifondazione comunista, d’accordo con alcuni genitori, in maggioranza stranieri, voleva togliere il nome Carlo Pisacane ad un plesso di sua dipendenza, per titolarlo ad un impronunciabile, o quantomeno di difficile scrittura, pedagogista giapponese. Sul momento la cosa non riuscì, ma non molto dopo la dirigente scolastica, purtroppo, venne a mancare ed il plesso fu intitolato a lei.

Carlo Pisacane, a differenza di Garibaldi e di tantissimi altri, non scese mai a compromessi con la monarchia sabauda e rimase fedele agli ideali mazziniani fino alla sua tragica morte. I genitori stranieri di quella scuola potrebbero anche essere giustificati, ma la dirigente scolastica, che da bambina aveva sicuramente sostenuto l’esame di ammissione alla scuola media, non poteva ignorare che stava proponendo di togliere l’intitolazione di una scuola all’ultimo dei combattenti repubblicani.

Più o meno la stessa cosa è avvenuta lo scorso venticinque aprile a Reggio Emilia, dove la giunta comunale, a guida PD, ha cambiato nome a via Gabriele D’Annunzio, titolando la strada a Srecko Kosovel, poeta partigiano sloveno. Nel 2019, la proposta di erigere a Trieste una statua a Gabriele D’Annunzio fu precipitosamente ritirata dalle autorità cittadine in seguito alla protesta del sindaco croato di Fiume che, con il suo messaggio, ha addossato al poeta la nascita del fascismo, del nazismo e lo scoppio della Seconda guerra mondiale. D’Annunzio era morto nel ’38, dopo che da quasi due decenni si era ritirato, senza occuparsi di politica, sul lago di Garda.

Se il sindaco di Fiume può essere giustificato, perché non addentro nella storia e nella letteratura italiane, difficilmente possono essere giustificati i politici di Trieste, pronti a fare marcia indietro al primo alzarsi di un ditino ammonitore, e quelli di Reggio Emilia, prontissimi a recepire le istanze di una piccolissima associazione denominata Casa Bettola (saranno seguaci di Bersani, che di Bettola è nativo?).

Il sindaco di Fiume ha definito D’Annunzio “un aggressore ed un tiranno”. Sull’aggressore ci sarebbe da discutere, perché se oggi Fiume è una città totalmente croata, cento anni fa era un crogiuolo di italiani, in maggioranza, ungheresi, boemi, moravi e galiziani, che vedevano nel suo porto Barros un approdo naturale per le merci in partenza ed in arrivo per il centro-est dell’Europa. Quanto al tiranno, basta andare a rileggersi la Costituzione del Quarnaro e contare quanti belli spiriti, da una parte e l’altra dell’oceano, si erano riversati a Fiume in quel periodo per capire quale fucina di modernità e di liberalismo fosse la città in quel breve periodo.

D’Annunzio, va ribadito fino alla noia, non fu mai fascista; furono certi fascisti ad atteggiarsi a dannunziani de noantri, pur essendo molti di loro delle mezze tacche che si sentivano eroi greci solo perché il sabato giravano in divisa.

articolo pubblicato il: 11/05/2023 ultima modifica: 25/05/2023

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