Gabriele D'Annunzio fu altalenante in molte delle sue cose, se si escludono le continue peripezie per fronteggiare i creditori e l'attitudine a corteggiare le donne, libere o sposate che fossero. Anche in età non più verde non perse l'abitudine del corteggiamento, provocando una specie di incidente diplomatico con l'editore Treves quando gli insidiò la nuora.
Altalenante fu invece nell'attitudine a collocarsi su di un piedistallo, cosa che non gli riusciva affatto difficile, contrapposta alla voglia di proporsi come persona fuori dal coro, in piena libertà di fare ciò che gli passava per la mente. Seguendo questa seconda inclinazione non esitò a commercializzare un profumo di sua invenzione, l'Acqua Nunzia, peraltro con scarso successo, mentre negava di essere il soggettista e sceneggiatore di Cabiria, il primo Kolossal della storia del cinema.
Così scelse l'improbabile pseudonimo di Mario De' Fiori, preso pari pari da una via del centro di Roma, per firmare il testo di "A vucchella", una delle più fortunate canzoni dell'epoca d'oro della musica napoletana, messa in musica dal suo amico Francesco Paolo Tosti. Sempre altalenante, firmò invece con il suo nome un'abbastanza lunga lista di romanze, molte delle quali musicate in gran parte dal maestro Tosti e raggruppate con il titolo di "Canzoni di Amaranta".
Come librettista il suo impegno fu discontinuo, non perché non amasse il teatro in musica, ma semplicemente perché, come ebbe a confessare, con l'opera i guadagni non erano minimamente paragonabili a quanto gli andava in tasca scrivendo i suoi fortunatissimi romanzi.
Nonostante ciò, la lista delle opere messe in musica dai migliori musicisti della sua epoca è abbastanza lunga e se, da poeta, ebbe a dichiarare che "Il verso è tutto", in altra occasione affermò categorico che "Io sono un uomo per il quale il mondo sonoro esiste". D'Annunzio, in effetti, al di là delle lezioni di pianoforte prese da bambino dal maestro Odoardo Chiti, delle giovanili lezioni di canto, da una mitica composizione del bambino Gabriele e dalla senile consuetudine con la pianista Luisa Baccara, sempre fu attratto dalla musica, in particolare dalle sinfonie di Beethoven e dalle opere di Wagner.
La musica entra prepotentemente in diverse opere letterarie dell'Immaginifico, basti pensare al romanzo "Il trionfo della morte", ma anche nello Statuto della Reggenza del Quarnaro, in cui si dice che la musica "excitat auroram". A proposito del periodo fiumano, il grande Arturo Toscanini fu a Fiume a dirigere un concerto, preceduto alla mattina da un discorso del poeta ai legionari schierati in quadrato, come ricordò Adriano Lualdi sulla rivista "Piazza delle Belle Arti: "Guardatelo, guardategli la mano che tiene lo scettro. Il suo scettro è una bacchetta, leggera come una verga di sambuco; e solleva i grandi flutti dell'orchestra, sprigiona i grandi torrenti dell'armonia, apre le cateratte della grande fiumana, scava le forze dal profondo e le rapisce al sommo, frena i tumulti e li riduce in sussurri, fa la luce e l'ombra, fa il sereno e la tempesta, fa il lutto e il giubilo".
Tra tutti i musicisti con cui collaborò fu Debussy, il compositore de "Le martyre de Saint Sébastien" quello con cui D'Annunzio si trovò più in sintonia. "Quando seppi che Debussy era morto, ero al campo e mi preparavo per un volo di guerra. I miei amici, che mi videro triste, mi furono intorno per confortarmi. Mai, come in quella notte di volo, io mi sono esposto cercando, quasi, la morte." Così D'Annunzio parlò della scomparsa del compositore ad Adriano Lualdi. E in effetti i due avevano in testa altri progetti di collaborazione, interrotti a causa della morte di Debussy.
Progetti che non giunsero mai a compimento furono quelli di collaborazioni con Puccini. Un brano di una lettera di Puccini al librettista Illica "O meraviglie delle meraviglie! D'Annunzio mio librettista! Ma neanche per tutto l'oro del mondo. Troppa distillazione briaca e io voglio restare in gamba" ha convinto alcuni storici che Puccini non apprezzasse D'Annunzio. La cosa non è esatta. Puccini amava la buona versificazione e nessuno poteva offrire un prodotto migliore del pescarese. Se le quattro opere su libretto dannunziano messe in cantiere non giunsero mai a compimento non significa scarsa consonanza tra i due. Puccini spesso non portava a compimento lavori iniziati, basta guardare l'elenco dei suoi progetti non portati a compimento, più lungo di quello delle opere giunte sulle scene.
Se non abbiamo oggi melodrammi dell'ultimo dei grandi operisti con libretto dannunziano, abbiamo però opere di compositori di tutto rispetto, come Mascagni, Franchetti, Zandonai, Malipiero e Pizzetti e musiche di scena di Arthur Honegger, senza contare Debussy.
D'Annunzio fu anche paroliere, ma, se si esclude, forse, la lunga consuetudine con il Tosti, un compositore sui generis, in quanto erano i compositori a sentirsi attratti dalle sue liriche e a volerle mettere in musica. Anche qui la lista è lunga e comprende grandi nomi come Casella e Pick-Mangiagalli, insieme ai già ricordati Malipiero e Pizzetti. D'Annunzio partecipò, vincendolo, anche ad un concorso musicale, scrivendo una "Cantata a Bellini", musicata da un allora giovane e sconosciuto compositore, Giuseppe Savagnone.
articolo pubblicato il: 26/04/2023 ultima modifica: 09/05/2023