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una buona Finanziaria
di D. B. V.

Premesso che una Legge Finanziaria è quella che definitivamente esce dopo gli emendamenti e l’approvazione delle Camere, va riconosciuto che la annuale “manovra” varata dal governo Meloni è complessivamente apprezzabile e si muove nelle direzioni giuste. Le critiche, molto contraddittorie, venute dalle opposizioni di sinistra (PD, Cinquestelle e Calenda), appaiono affrettatamente pregiudiziali, pretestuose e infondate. Quelle, contrastanti, dei Sindacati della Triplice stridono con l’elevato tasso di “socialità” della Finanziaria stessa e quelle della Confindustria sono sorprendentemente viziate da unilateralità settoriale che forse punta al rinegoziato.

Non è una manovra “rivoluzionaria”, d’accordo, è volutamente e per molte buone ragioni prudente ed equilibrata. Ed è sintomo di malafede che chi seminava allarme preventivo, parlando di un governo di destra populista che avrebbe fatto saltare i conti pubblici e compromesso l’arrivo dei mitici soldi europei, ora svilisca la Finanziaria come debole, non coraggiosa e incisiva, perfino rinunciataria e recessiva.

Le cose stanno ben diversamente. Il Governo delle destre ha avuto appena venti giorni effettivi per stendere la sua prima Finanziaria, dovendo fatalmente raccordarsi col Governo uscente, ed altresì partendo da un quadro drammatizzato da inflazione, recessione produttiva, post-pandemia, guerra russo-ucraina e allucinante crisi energetica con “tragedia bollette”, debito pubblico al 150% del Prodotto Interno Lordo. In più, con molte ostilità politiche estere, anche europee e vergognosamente alimentate dalle stesse sinistre italiane, che stavano pronte a dipingere come estremista e irresponsabile il nuovo Governo italiano, pur democraticamente legittimato.

Invece, non solo Giorgia Meloni ha fronteggiato piuttosto bene la fase di primo approccio con le Nazioni e i Governi di più parti del mondo, ma ha proposto una Legge Finanziaria, che è la più “sociale” concepita negli ultimi lustri e che coniuga, nei mezzi limitatissimi di cui l’Italia dispone, salvaguardia del bilancio e interventi urgenti per le categorie più deboli e a rischio.

Pensionamento a 62 anni con 41 di contributi. Congedo parentale prolungato di un mese. Ventuno miliardi per l’energia, riducendo massicciamente le bollette per tutti i meno abbienti e per le imprese. Disaccoppiamento tra prezzo del gas e delle altre fonti. Rivalutazione delle pensioni minime del 120% e, a scalare, di minori percentuali sulle pensioni più ricche. Elevazione da subito delle pensioni minime da 500 a (per ora) 570 euro netti mensili. Sensibile taglio del “cuneo fiscale”, che comporta aumenti in busta paga per i lavoratori, premi di produzione detassati, forti incentivi per chi assume nuovo personale giovane. Ampliamento della “social card” per fare la spesa da parte dei più svantaggiati. Aumento dei sussidi alle coppie per ciascun figlio, particolarmente cospicui quando i figli sono tre o più. IVA abbattuta per i generi intimi e infantili (dicansi assorbenti, pannolini, biberon et cetera). Contenimento delle accise sui carburanti. Contributi giù di 3 punti per i redditi più bassi. Tregua sulle cartelle tasse, rateizzazioni senza interessi e sanzioni, addirittura cancellazione per quelle vecchie inferiori a 1000 euro. Flat tax semplificata e conveniente per partite IVA fino a 85.000 euro di reddito e, per contro, tassazione sugli speculatori di Bitcoin e lucratori delle criptomonete. Crediti di imposta portati al 35% per le piccole attività e più ampia possibilità di vouchers per il personale di agricoltura, alberghiero e ristorazione. Ma molto altro ancora, a fronte di che per la verità un prelievo aumentato di 20 centesimi sulle sigarette e generi da fumo.

Intanto, segnali politici piuttosto emblematici. Libertà di utilizzo della moneta contante fino a 5.000 euro: una misura che aiuta il commercio e viene incontro ai più anziani o “tradizionali” e meno attrezzati, solo molto marginalmente esposta agli abusi evasivi, ma in compenso rispettosa della sovranità di ciascuno sui propri soldi perché non stiamo a Berlino Est prima della caduta del Muro (la BCE aveva proposto 10.000 euro per tutti i Paesi europei). E progressivo “riassorbimento” del Reddito di Cittadinanza che, per gradi, verrà sempre più ristretto solo a chi oggettivamente non può lavorare o è inabile, né sarà più prolungato a chi rifiuta una proposta di lavoro a reddito pari o superiore al sussidio: una linea annunciata in campagna elettorale e che dovrebbe far recuperare ingenti risorse, da indirizzare agli investimenti generativi di nuova occupazione.

Insomma, per ora – non si poteva pretenderlo – nessun ribaltamento totale. Ma tuttavia, un chiaro mutamento di indirizzi che va tutto a sostegno urgente di chi ha redditi modesti o perfino poveri, chiedendo qualche sopportabile sacrificio a chi fruisce di quelli più alti. Un complesso di interventi per rincoraggiare il vasto “ceto medio”, aiutare i nuclei familiari e la (tanto attesa) natalità, sostenere i consumi di prima necessità di fronte al temibilissimo rincaro dei prezzi.

C’è sicuramente un’enorme strada da percorrere, con gli steps giusti. Le misure, di per sé corrette, andranno implementate nelle risorse. Ma profilo e spirito delle prime scelte adottate dalle Destre al governo sono quelli che si auspicavano. La solidarietà, l’interclassismo, la coesione popolare ben possono essere trovate a valle di una “cultura di governo” che mantenga le promesse senza dissestare la moneta e la finanza nazionale. Lo sperano soprattutto quanti di noi hanno lavorato affinché le belle idee della “destra sociale” potessero inverarsi nella realtà della vita.

articolo pubblicato il: 30/11/2022 ultima modifica: 24/12/2022

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