La Fondazione Biscozzi - Rimbaud dedica la propria seconda mostra, dopo quella inaugurale su Angelo Savelli, a Salvatore Sava, classe 1966, scultore salentino tra i più significativi della propria generazione in Italia. Due sue opere – “Sentieri interrotti” del 1998 e “Rosa selvatica” del 1999 – sono già presenti nell’allestimento permanente della sede museale della nuova Fondazione leccese, in virtù dell’ammirazione nutrita per lui, fin dagli esordi, dalla coppia di collezionisti costituita da Luigi Biscozzi (scomparso nel settembre del 2018) e dalla moglie Dominique Rimbaud, attuale presidente della Fondazione.
Si legge nella bella introduzione della signora Rimbaud all’elegante catalogo trilingue pubblicato da Silvana Editoriale: “La scelta di Sava è dettata da varie motivazioni, in primis Dalla qualità e dall’originalità della produzione di questo artista. C’è tuttavia anche un aspetto più privato che mi piace ricordare. Mio marito, Luigi Biscozzi, e io abbiamo conosciuto Salvatore nel 1997 in occasione della una mostra personale alla Galleria San Carlo di Milano, in Via Manzoni.Fummo da subito attratti dalla forsa delle opere, dalla loro anima e libertà, così collegate alla natura salentina (e Luigi era originario di Salice Salentino, lui e Sava si sono immediatamente intesi). Lo abbiamo ritrovato nel 1999 sempre alla Galleria San Carlo e nel 2001 al Castello di Carlo V di Lecce; l’amicizia e la stima reciproca erano nate e si sono consolidate nel corso degli anni).
La mostra (che si può visitare fino al 25 settembre 2022) comprende circa trenta lavori, che coprono un ampio arco della produzione dell’artista, oggetto delle acute investigazioni critiche, tra gli altri, di Luciano Caramel e di Giuseppe Appella. L’intento del curatore, il direttore scientifico Paolo Bolpagni, è di esporre anche diverse opere – di datazione fra gli anni Novanta e oggi – rimaste finora inedite, che svelano aspetti e ricerche di Sava rimasti in ombra, ma meritevoli di grande attenzione. Ormai proverbiale è infatti il ricorso, nelle sue sculture, al ferro, alla pietra leccese, all’acciaio, più di recente ai colori fluorescenti, ma in realtà l’universo creativo di questo originale artista comprende anche materiali e media differenti. In particolare, saranno per la prima volta presentati i cicli dei “neri” polimaterici, dei lavori in legno, in resina, in fibra di vetro e smalto, dei collages metallici su cartone, che rivelano un volto diverso dell’artista, la cui potenza espressiva sarà per tutti una grande una sorpresa.
Come scrive Bolpagni: “Centrale è e resta comunque il tema della natura, che però non è rappresentata, ma emblematizzata in forme pure e talvolta rudi, vissuta con la consapevolezza appassionata di chi ha le proprie radici in una terra profondamente “sentita”, quella del Salento, cui Sava è voluto rimanere fedele. Perciò anche il dramma della xylella, il batterio che ha distrutto una grande parte dei secolari ulivi, non è evocato in termini retorici, né tanto meno politici, bensì vissuto, per così dire, dal di dentro, in maniera autentica e sofferta, interiorizzata. Càpita che alcune delle recenti sculture di Salvatore Sava ricordino arbusti disseccati, nei quali la natura vegetale è stata sostituita dal metallo e dalla pietra, come a seguito di una metamorfosi dovuta ai disastri ambientali che ci minacciano. Il pensiero corre a un celebre episodio del film “Sogni” di Akira Kurosawa, ma tutta l’opera di Sava possiede una forza singolare e personalissima, che rende arduo l’accostamento a modelli e l’istituzione di parallelismi”. Anche per Sava è tempo di bilanci: e questo importante evento espositivo, nel contesto della collezione permanente della Fondazione, grazie alla puntuale ricognizione storico-critica del suo percorso scritta dal curatore, ne offre affascinante e imperdibile occasione.
articolo pubblicato il: 10/05/2022