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cronache
i conti con la storia
di Carla Santini

Da quando si è diffusa nel mondo l'attenzione per l'ambiente, si guarda con particolare preoccupazione all'Amazzonia, polmone verde dell'intero pianeta. Da anni esiste e si batte per il suo mantenimento e la sua conservazione un movimento internazionale che raccoglie al suo interno varie organizzazioni laiche e confessionali. Il Brasile è ovviamente coinvolto in primis perché la foresta amazzonica insiste nel suo territorio.

La foresta amazzonica non è solo riserva di ossigeno, territorio di immense ricchezze amcora non del tutto sfruttate, ma anche il territorio dove vivono gli Indios. E questi sono considerati dalla legge brasiliana "minori tutelati", ovvero non hanno responsabilità civile e penale.

La complessità del problema è enorme, in gioco ci sono interessi fortissimi, ricchezze costituite dal legname, dai giacimenti, dal terreno disboscato per le coltivazioni intensive. Si contrappongono quindi fortissimi interessi economici agli interessi degli Indios che vivono secondo usi e costumi propri all'interno di queste zone e rifiutano l'omologazione con la cultura brasiliana. Finora le forti tensioni si erano mantenute su equilibri precari, ma in questo periodo si sono riacutizzate.

E' scoppiata, infatti, la questione della riserva Raposa Serra del Sole, situata fra i fiumi Sumuru e Cotingo. Quest'ultimo corso d'acqua dovrebbe essere interessato alla costruzione di una immensa centrale idroelettrica. L'area in questione ha un'estensione di 1 milione e 700 mila ettari ed è contesa fra i 18.000 indigeni delle etnie Macuxi, predominante, Uapixana, Ingaricò e Taurepang e otto grandi produttori di riso e sessantasette piccoli agricoltori.

Nel 1917, il governo dell'Amazzonia aveva emanato una legge statale che delimitava i confini della riserva. Negli anni seguenti l'ente governativo FUNAI, preposto alle questioni delle popolazioni indigene, ha definito nuovamente l'area della zona. Nel 1993, l'ente ne ha pubblicato nel Diario Ufficiale dell'Unione i limiti teritoriali; ma solo dopo numerose manifestazioni di protesta, nel 2005 la decisione è stata ratificata con Decreto presidenziale.

Lo stato di Roraima contesta l'assegnazione e si sta battendo affinché le aree produttive siano escluse dalla riserva, ritenendo la decisione anticostituzionale.

La materia è indubbiamente molto delicata. Si tratta infatti di sostenere da una parte la sopravvivenza delle identità culturali delle minoranze etniche e dall'altra di consentire lo sviluppo economico di territori di per sé vastissimi. La riserva non rappresenta che il quarantasette per cento dell'intero territorio di Roraima.

La situazione è giunta ad una fase di stallo, per cui della questione è stato investito il Supremo Tribunale Federale, che corrisponde alla nostra Corte Costituzionale.

Le ragioni degli Indios davanti al Supremo Tribunale Federale sono state sostenute dall'avvocatessa trentaquattrenne Joênia Batista de Carvalho, che si è presentata col viso dipinto con i colori di guerra della sua etnia. Era la prima volta, nella storia del Tribunale, che un'indigena pronunciava un'arringa nella lingua del suo popolo, traducendola poi in portoghese.

L'avvocatessa ha esaltato quanto importanti fossero i valori spirituali, la terra, la foresta e l'acqua per la sopravvivenza dei nativi. Nell'aula, ad ascoltare le parole di Joênia Batista de Carvalho erano presenti Indios di diverse etnie, molti dei quali vestiti con i costumi tradizionali.

Ad un primo parere favorevole agli Indios del giudice Ayres Britto è seguita la richiesta del giudice Menezes Direito di approfondire lo studio degli atti. Ciò fa slittare ogni eventuale sentenza a tempi non definiti.

Se la sentenza definitiva dovesse essere favorevole alle rivendicazioni degli Indios del Roraima, potrebbe scatenare identiche rivendicazioni in primis negli stati di Bahia e Mato Grosso del Sud, nonché sicuramente anche in altre zone del Brasile.

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