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speciale libertà d'informazione e diritto all'ono
la carta dei doveri del giornalista della stampa italiana
di Norberto Gonzalez Gaitano

Le precedenti considerazioni sulle tre dimensioni dell’onore –ontologico, reputazione e fama- e i corrispondenti doveri dei giornalisti nei loro confronti trovano accoglienza nei codici di autoregolamentazione della professione giornalistica, nonostante non si usino gli stessi termini.

Come avviene solitamente nei codici, i doveri del giornalista rispetto all’onore e alla reputazione altrui vengono espressi con formule generali, sotto la forma di principi morali di condotta che non scendono ai casi particolari, alle possibili eccezioni o ai conflitti con altri doveri. Un codice di etica professionale non è una legge né una raccolta di giurisprudenza, bensì una guida di criteri di correttezza professionale.

Nella Carta dei doveri del giornalista sottoscritta dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana l’8 luglio 1993 si richiedono al giornalista alcuni criteri di condotta che concretano il dovere di rispettare quello che ho chiamato onore ontologico:

“Il giornalista non può discriminare nessuno per la sua razza, religione, sesso, condizioni fisiche o mentali, opinioni politiche. Il riferimento non discriminatorio, ingiurioso o denigratorio a queste caratteristiche della sfera privata delle persone è ammesso solo quando sia di rilevante interesse pubblico”.
Per quanto riguarda invece l’onore morale, nella Carta vi è una gradazione di principi, doveri e linee di comportamento che mirano a proteggere la reputazione come quando si stabilisce che “i nomi dei congiunti di persone coinvolte in casi di cronaca non vanno pubblicati a meno che ciò sia di rilevante interesse pubblico”. In particolar modo, nel caso di violenze sessuali, ci si deve “astenere dal pubblicare i nomi delle vittime o dal fornire particolari che possano condurre alla loro identificazione a meno che ciò sia richiesto delle stesse vittime per motivi di rilevanti interesse generale”.

Più specificamente, e parlando del dovere di rettifica, il Codice lo completa con una affermazione che intende bilanciare la posizione debole della possibile vittima della diffamazione: “Il giornalista non deve dare notizia di accuse che possano danneggiare la reputazione e la dignità di una persona senza garantire opportunità di replica all'accusato. Nel caso in cui ciò sia impossibile (perché il diretto interessato risulta irreperibile o non intende replicare), ne informa il pubblico”. E vi si aggiunge un supposto di particolare attualità in Italia: “In ogni caso, prima di pubblicare la notizia di un avviso di garanzia deve attivarsi per controllare se l'interessato ne sia a conoscenza”.

Infine, e in riferimento alle persone sottoposte a processi giudiziari, sotto la rubrica presunzione di innocenza, il Codice considera alcune regole di condotta che vanno oltre il tecnicismo legale con il quale spesso si coprono giornalisti senza scrupoli o superficiali quando informano con leggerezza su processi in corso: “In tutti i casi di indagini o processi, il giornalista deve sempre ricordare che ogni persona accusata di un reato è innocente fino alla condanna definitiva e non deve costruire le notizie in modo da presentare come colpevoli le persone che non siano state giudicate tali in un processo.
Il giornalista non deve pubblicare immagini che presentino intenzionalmente o artificiosamente come colpevoli persone che non siano state giudicate tali in un processo. In caso di assoluzione o proscioglimento di un imputato o di un inquisito, il giornalista deve sempre dare un appropriato rilievo giornalistico alla notizia, anche facendo riferimento alle notizie ed agli articoli pubblicati precedentemente”.

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