È sterminio di camosci fra le Dolomiti non a causa di caccia indiscriminata, ma di una malattia, la rogna sarcoptica che si sta diffondendo a macchia d'olio in uno degli ambienti alpini più famosi. Solamente nel territorio della Val d'Ansiei, che si stende su un'area di oltre 220 mila ettari e che comprende alcuni fra i più famosi gruppi dolomitici, dalle Tre Cime di Lavaredo al Cristallo, ai Cadini e alle Marmarole da circa 1500 capi nel corso di un anno si è passati a poco meno di 200. Quel che è ancor più grave è che l'infezione minaccia, seppure in maniera meno virulenta, anche la popolazione di stambecchi, animale che è stato introdotto in Cadore negli anni Settanta e che conta ora un centinaio di individui.
Così si è puntualmente verificato quanto si era paventato in un convegno internazionale indetto in Auronzo di Cadore, proprio per la gravità del fenomeno. Un piaga questa della fauna montana con cui si sta facendo i conti senza tanta fortuna e rimedio pure in Spagna e in Francia, precisamente nella Cordillera Cantabrica e sui Pirenei .
Per il professor Luca Rossi dell'università di Torino l'espandersi di questa epidemia è secolare ed è partito da molto lontano, in Germania. Poi si è diffusa in Austria fino ai confini italiani che guardano la Val del Gail nell'Est Tirolo. Ma qui non si è arrestata ed è entrata prepotentemente nelle Dolomiti bellunesi. Attualmente sta progredendo sul territorio di Cortina d'Ampezzo, minacciando lo stesso parco naturale.
Quanto all'opinione diffusa che il propagarsi di tale malattia sia dovuta dell'eccessivo numero di animali (in provincia di Belluno se ne contano circa 6000), Rossi la ritiene destituita di ogni fondamento. A suo parere è un fatto non provato, mentre al contrario si è accertato l'andamento ciclico del fenomeno e che la soglia di arresto è quella di 1-2 camosci superstiti ogni ettaro di territorio.