Un umorista francese, le Fourchadière, affermava sarcasticamente, appena 60 anni fa, che ci
sono due professioni nel mondo che non richiedono preparazione: l'attività dei banchieri che
giocano col denaro degli altri e l'attività dei giornalisti che giocano...con l'onore dei loro
concittadini. Mi sembra che, a parte ironie o battute, tale giudizio rifletta due problemi che
riguardano la professione giornalistica. La prima ha a che vedere con la mancanza di formazione specifica e di riconoscimento legale dei giornalisti fino a tempi recenti. La seconda, si riferisce alla percezione comune dello scontro abituale fra l'onore e le esigenze dell'informazione.
Ci sarà sempre nella storia un conflitto fra il bene della reputazione dei cittadini e il bene
della libertà di critica politica -e non soltanto politica-. Entrambi beni giovano alla salute di un
regime democratico. Senza la libertà di critica il potere diviene facilmente tirannico, quando non
corrotto.
Senza il rispetto alla reputazione legittimamente guadagnata, non c'è più società perché si
sfumano le differenze fra i furbi, i malfattori, i ladri e la gente per bene:
La critica può non sembrare gradevole, è però necessaria. Essa compie la stessa funzione
del dolore nel corpo umano: attira lattenzione sullo sviluppo di uno stato malsano delle cose. Se ci
si bada in tempo, è possibile scampare il pericolo. Se il dolore va eliminato, ci si può sviluppare una
malattia mortale (Winston Churchill, intervista al New Statesman, 1939).
Vale il giudizio di Churchill anche per quel tipo di critica che si spinge fino al ridicolo, a
farsi beffa dei simboli e addirittura anche delle persone? Il cardinale Newman, che dovette subire le
critiche, le ironie e anche le calunnie di molti suoi contemporanei per essere diventato cattolico in
una cultura che scherniva i cattolici e che era piena di pregiudizi su di loro, restava zelante nel
difendere la libertà di critica: In un paese libero come il nostro, non posso condannare che si
ridicolizzino gli individui, chiunque essi siano; e sarebbe un giorno ben triste quello in cui si
vietasse il ridicolo. Dal Lord cancelliere al primo ministro giù giù fino al ciarlatano o imbonitore
più effimero che fa strabiliare il mondo con la sua impudenza assurda, cè da augurasi che possano
essere tutti messi in ridicolo da chiunque decida di far loro il proprio bersaglio. E lunico modo per
liberarsi facilmente e delicatamente di tante offese, imbrogli, seccature e follie; è lespressione più
salutare dellopinione pubblica.
Newman stesso fa buon uso della derisione per sconfiggere discorsivamente i pregiudizi
anticattolici nel suo magistrale saggio. E, ammettendo che possa esserci una linea divisoria seppure
sottile e difficile da tracciare, fra lammissibile e lo scorretto nel mettere in ridicolo la religione, si
esime del compito di trovarla e conclude: non ho alcuna intenzione, se posso fare a meno, di
proteggere gli uomini della religione sotto il mantello della sacralità della religione2. Vediamo qui
allopera un salutare principio di correzione degli abusi e delle strumentalizzazioni della religione
così presenti nella storia.
Non bisogna dimenticare che il ridicolo sta alla argomentazione come lassurdo alla dimostrazione. Reboul riprende il celebre esempio del Trattato della argomentazione di Perelman e Olbrecths-Tyteca: Nel momento in cui, in un teatro di provincia, il pubblico si prepara a cantare La Marsigliese, un poliziotto sale sul palcoscenico per annunciare che è proibito tutto quanto non figura sul manifesto: «E lei, interrompe uno degli spettatori, è sul manifesto?».
Il vertice dellironia è
lumorismo. Se lironia denuncia la falsa serietà nel nome di una serietà superiore, quella del buon
senso, della ragione, nellumorismo è il soggetto stesso ad abbandonare la propria serietà e a deporre
ogni importanza.
Si suole raccontare di papa Giovanni XXIII che quando gli chiedevano in quanti
lavorassero in Vaticano, rispondeva di scatto: la metà.