Ad un osservatore che sia appena informato circa questa importante riforma del servizio militare già il titolo, che ho volutamente ispirato alle notizie di stampa vecchie e nuove, presenta unimprecisione. La leva obbligatoria infatti non è stata affatto abolita, perché in questo caso si sarebbe dovuto modificare - il che non è stato fatto - lart. 52 della Costituzione che recita al primo capoverso "La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino" ed al secondo "Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge". La coscrizione invece è stata semplicemente sospesa in tempo di pace, e può pertanto essere ripristinata in qualsiasi momento di grave crisi o di pericolo per lo Stato.
È indubbio che un tale provvedimento abbia recato un sollievo notevole alla società in genere ed alla gioventù in particolare che, profondamente mutati nel corso degli ultimi cinquantanni, vedevano ormai i mesi dedicati al servizio militare come un periodo non breve della vita speso del tutto inutilmente. La leva era insomma un obbligo ormai impopolare, e lo testimonia il fatto che, intervenuta ope legis la possibilità di sostituirlo con limpiego in attività di volontariato o di utilità sociale, le domande per evitare il servizio in armi vero e proprio si sono moltiplicate a dismisura.
Tutto bene dunque? Non direi, poiché se si è chiuso un problema di carattere sociale e di coscienza, se ne sono aperti degli altri, e molto seri, per tutto il "sistema difesa" che, non possiamo ignorarlo, è pur sempre quello più toccato dalla riforma.
Innanzitutto un problema economico, poiché delle Forze Armate basate su un organico di soli volontari a ferma breve o permanente costano molto di più al bilancio dello Stato. Un volontario percepisce infatti uno stipendio ben maggiore di un militare di leva, ed ha anche diritto ad un trattamento e ad un confort di vita migliori e più curati. I governi hanno cercato di ovviare ad un tale inconveniente riducendo allosso lorganico delle tre Armi, circa 190.000 uomini (ma si parla già di portarlo a 170.000), tuttavia questo numero appare già del tutto insufficiente. Il compito precipuo delle odierne Forze Armate è infatti quello di difendere gli interessi della Repubblica non più allinterno dei confini, dove nessuno ci minaccia, ma nelle missioni allestero, nelle strutture NATO e nelle future Forze di Difesa europee. In tal modo si è arrivati a vedere impiegati allestero contemporaneamente circa 10.000 uomini, il tetto massimo che l'Esercito può permettersi, e tuttavia una cifra irrisoria rispetto a quella che il ruolo di una grande nazione, quale vorremmo essere, dovrebbe potersi permettere. Sicché, ad esempio, la recente e desolata risposta del Capo di Stato Maggiore al Ministro della Difesa circa la possibilità di inviare in Afghanistan un Corpo di spedizione italiano è stata molto simile a quella di Napoleone al maresciallo Ney quando, sul finire della battaglia di Waterloo, gli chiedeva urgentemente nuove truppe da gettare contro gli inglesi: «E come volete che faccia: che le fabbrichi?»
Un secondo problema è costituito dal gettito assolutamente insufficiente dei volontari. Infatti, quasi mezzo secolo di cultura antimilitarista e pacifista, e la scarsa coscienza nazionale alimentata dalla Scuola e presente nella società, hanno allevato una generazione profondamente demotivata e persino avversa nei riguardi della carriera militare. Se a ciò si aggiunge la modesta retribuzione, la gravosità del servizio e persino la dissimulata ostilità dellopinione pubblica e dei mezzi dinformazione - sempre pronti, fin dagli anni Settanta quando si cianciava di golpe un giorno sì e laltro pure, a puntare il dito accusatore contro le Forze Armate in ogni frangente, che sia il suicidio di un giovane di leva o un intervento non troppo tempestivo a salvare dei naufraghi extracomunitari - si potrà capire come la prospettiva di indossare ununiforme per qualche anno o per la vita intera, soprattutto nei ranghi dei graduati, che sono quelli più bisognosi di uomini, sia assai poco allettante. Così che, in luogo di avere un Esercito di volontari motivati ed orgogliosi di indossare luniforme con le stellette della propria patria, lItalia si avvia ad avere un Esercito che sarà il bacino di raccolta di quegli individui meno capaci e fortunati che vedono nella carriera militare una semplice alternativa alla disoccupazione. Lo dimostra già sin dora il fenomeno ben chiaro della meridionalizzazione dellEsercito, in quanto i pochi volontari che affluiscono ai bandi di concorso, o che dopo un servizio di un anno decidono di raffermarsi per altri tre in prospettiva di una carriera permanente, provengono quasi soltanto dalle più povere aree del Mezzogiorno.