Lo spaventoso cataclisma che ha inghiottito in pochi attimi lembi di terra spazzando via strade, abitazioni, interi villaggi, alberghi, sommergendo intere isole, mietendo decine di migliaia di vittime in almeno dieci paesi, e stato tra i più drammatici verificatosi negli ultimi 100 anni.
Il maremoto, originato da un sisma (nono grado della scala Richter) ha avuto il suo epicentro in mare a nord dellisola di Sumatra, in Indonesia, presso Aceh. Nomi esotici che rievocavano luoghi di bellezza primordiale, isole forse sino ad oggi sconosciute alla gran parte di noi, sono oggi noti in tutto il mondo per la devastazione che li ha colpiti.
Paragonato ad un esplosione di ventitremila bombe atomiche simili a quelle di Hiroshima, implacabile il sisma ha originato uno tsunami (onda anomala) che si e abbattuta fino alla costa africana spazzando tutto ciò che era sulla sua strada, sommergendo strade, palazzi, isole e persone. Dallisola di Sumatra alla Somalia, attraversando circa settemila chilometri e sei meridiani in poche ore (un settimo circa della circonferenza terrestre) distruggendo le coste e parti dellentroterra di Indonesia, Thainlandia, Bangladesh, Maldive, Myanmar, Malaysia, India, Sri Lanka ed altro, questa gigantesca onda ha raggiunto la considerevole altezza di 15 metri sommergendo isole, radendo al suolo intere località, portando incubo e terrore tra la gente. Ma la domanda che spesso ci si pone dopo aver assistito o semplicemente visto attraverso la televisione questa immane sciagura è sempre la stessa: ma come è potuto succedere, come è possibile che si verifichino tali fenomeni? E soprattutto, è possibile prevenirli o porvi rimedio?
Tsunami, quella che noi occidentali chiamiamo onda anomala, è un termine giapponese rappresentato da un doppio ideogramma: tsu (nella parte superiore) che indica porto e nami (in quella inferiore) che indica onda; onda del porto, quindi, in riferimento agli effetti disastrosi che la stessa provoca abbattendosi sulle regioni costiere.
Questonda può avere differenti origini che spaziano dai fenomeni tellurici, terremoti terrestri ed eruzioni vulcaniche sottomarine, a più semplici frane in mare dovute al distacco di grandi porzioni di terra e rocce presso le coste. Quello accaduto lo scorso 26 dicembre 2004 è stato generato da unazione sismica avvenuta a circa 10 Km sotto il fondale marino in unarea situata a circa 350 Km ad ovest dellisola di Sumatra. E considerata dagli esperti un fenomeno tellurico superficiale, ed è proprio per questa sua natura che ha provocato effetti su vastissima scala. Si è trattato della quarta scossa di terremoto mai registrata fin dai primi del 1900: la più devastante ricorderemo fu quella avvenuta in Cile nel maggio del 1960 (magnitudo 9.5) seguita da quella avvenuta in Alaska nel 1964 (magnitudo 9.2) e da quella del 1957 (magnitudo 9.1), avvenuta sempre in Alaska.
Ciò che è accaduto nel fondo dellOceano Indiano ha comunque una spiegazione. Tutto ha avuto origine dalla sovrapposizione di due lembi di una lunghissima faglia sottomarina (più di 1.000 Km) che divide la placca indiana da quella birmana e si sviluppa ad ovest dellisola di Sumatra. Alle ore 1.59 italiane la terra ha tremato raggiungendo la magnitudo 9 della scala Richter; i lembi della faglia si sono sovrapposti tra loro, arretrando uno verso il basso e laltro emergendo verso lalto, creando un considerevole dislivello di oltre 10 metri. Questa serie di avvallamenti e sollevamenti del fondale marino hanno generato considerevoli spostamenti di ampie zone che si sono trasferite alle masse dacqua limitrofe e soprastanti causando onde sommerse alte da poche decine di centimetri a metri, dando origine, nel contempo, a spostamenti di enormi masse di acqua in tutte le direzioni che si sono messe in movimento alla considerevole velocità di 500 800 Km/h. Si sono venute a creare una serie di oscillazioni consecutive che hanno generato lunghe onde sulle superficie delloceano. Tali onde, di per sé non distruttive in mare aperto a causa della considerevole distanza tra le cuspidi, assumono una violenza inaudita in prossimità delle coste. Ciò deriva dalla progressiva riduzione della velocità dello tsunami a causa della diminuzione della profondità del mare man mano che ci si avvicina alla terra ferma. Purtroppo alla riduzione della velocità di queste onde non corrisponde una progressiva riduzione dellenergia che rimane costante: ne deriva un innalzamento dellonda. Si ha così, per effetto finale, un vero e proprio muro dacqua alto mediamente più di dieci volte londa che lo ha generato e che si abbatte con tutta la sua forza distruttiva sulla costa. Il maremoto asiatico del 26 dicembre scorso ha generato onde fino a 800 Km/h di velocità per unaltezza di circa 15 metri. Il terremoto di Messina del 1908 scateno onde di 10m di altezza, mentre per arrivare ancor più vicino al giorno doggi basti ricordare il 30 dicembre del 2002 quando una frana di milioni di metri cubi di materiale staccatosi in prossimità di Stromboli causò ben due maremoti consecutivi con onde fino a 10 metri.
Benché si conosca attualmente molto sullorigine di questi tsunami è comunque impossibile prevenirne in anticipo la manifestazione. Molto si sta facendo per aumentare la conoscenza dei possibili effetti devastanti, con lo sviluppo di simulazioni sempre più sofisticate effettuate con computer e con lanalisi delle testimonianze storiche che permettono di ricreare ed ipotizzare condizioni paragonabili tra loro. La sempre maggiore conoscenza dei fenomeni geologici e climatici legati a tali avvenimenti inducono quotidianamente i ricercatori di tutto il pianeta a ipotizzare modelli di ricerca e sviluppo mirati alla prevenzione ed allintervento immediato nelle aree con maggior rischio sismico e non del pianeta. Ma ancora molta strada va percorsa e molto va capito. Tutto il mondo si è mobilitato per portare soccorso alle vittime di questa immane tragedia. I numeri del disastro sono comunque impressionanti: oltre alle decine di migliaia di morti, si hanno ancora migliaia di dispersi, milioni di sfollati e di senzatetto in particolare nelle zone più povere; lOrganizzazione Mondiale per la Sanità ipotizza un numero altissimo di persone a rischio epidemia: oltre 10 milioni. Forse non si riuscirà mai a definire la portata e la dimensione di quanto è accaduto o a stabilire il numero delle vittime, considerato anche lelevato numero dei dispersi, ma di una cosa siamo certi: quella parte del mondo porterà a lungo i segni indelebili di quellincubo dal mare che prende il nome di Tsunami.