E' incredibile come nel 2002 ancora ci siano dei luoghi comuni così radicati
nel pensiero della gente.
Se chiedete ad una qualsiasi persona che cosa è il bridge e chi è il
bridgista , nel novantanove per cento dei casi avrete come risposta: un gioco di carte per
vecchi ricchi, fumatori e per di più malaticci. Nossignori. Il bridge è uno
sport , e come tutti gli sport riconosciuti ha una sua federazione e fa
parte del CONI. Chiunque sia iscriva e' soggetto a delle regole ben precise
e, qualora voglia fare dell'agonismo, a notevoli sacrifici.
Forse non tutti sanno che l'Italia è considerata la più forte nazione al
mondo e lo dimostrano i fatti; negli ultimi cinque anni abbiamo vinto quasi
tutto.
Alle ultime Olimpiadi del Bridge la squadra italiana è partita con l'idea che un piazzamento oltre la terza posizione sarebbe stato un fallimento, e la riprova sta proprio nella medaglia d'oro che ora porta al collo. La qualificazione era certa, in quanto nel girone passavano quattro squadre su diciotto (molte rappresentanti di bellissimi quanto minuscoli stati oceanici), meno certa la leadership del girone, in quanto la Norvegia era, con USA e Polonia, tra le favorite del titolo. Ma un decoroso venti a dieci ha fugato ogni timore. Negli ottavi di finale a fare le spese della bravura del team italiano è stata l'Australia, nei quarti il temuto Brasile. La semifinale ci ha visto contro la squadra rivelazione dell'Inghilterra che, contro ogni previsione, aveva stracciato avversari blasonatissimi, ma anche per gli inglesi non c'è stato nulla da fare. Con i polacchi, in finale, è stata durissima, ma, dopo alterne vicende, l'Italia è riuscita ad agguantare l'oro olimpico.
Ma nessuno ne parla, mai un articolo, un trafiletto; solo in occasione delle olimpiadi sono apparsi brevi servizi sulla stampa specializzata. In compenso si magnificano e si spendono miliardi per nazionali che hanno vinto pochissimo o nulla o per discipline che hanno molti meno iscritti federali.
Il bridge è per antonomasia lo perché sport della mente, molto semplicemente
perché tiene allenato il cervello e non lo fa invecchiare; spinge il giocatore al ragionamento continuo, al valutare le varie possibilità, le varie alternative; aiuta chi lo pratica nella vita quotidiana, in caso di imprevisti più o meno piacevoli, a prendere decisioni rapide e razionali.
A scuola potrebbe aiutare moltissimo, ma il bridge non figura tra le varie discipline sportive che possono essere scelte dagli studenti (forse in qualche scuola, lo è, ma certo in misura del tutto incidentale, perché non se ne ha notizia). La speranza è che in un giorno non lontano anche i bambini possano dedicarsi a questo bellissimo sport, come speriamo che prima o poi se ne possano seguire le vicende sui mezzi di comunicazione.