Per un secolo e mezzo, da quando fu ampliato il porto, una grande palma appariva alle imbarcazioni che si avvicinavano ad Ischia, punto di riferimento per i naviganti che era diventato il simbolo della borgata di Sant'Alessandro. Adesso quella enorme pianta non c'è più, uccisa forse dalla vecchiaia e dalla malattia ma, si dice, anche dall'incapacità dei tecnici di salvarla e dalle pastoie burocratiche (sorgeva su un terreno privato).
Un colpo di vento ha portato via il vertice della pianta ed ora della storica palma non resta che un tronco rinsecchito. L'accaduto ha gettato nella costernazione gli abitanti del borgo, in quanto la palma rappresentava un richiamo per i tanti turisti che l'hanno fotografata o che chiedevano camere d'albergo con "vista palma" (figurava anche sullo stendardo che apre l'annuale sfilata in costume).
Le speranze che la palma si riprendesse hanno illuso tutti; dapprima si sperava che rimuovendo le foglie secche il disseccamento rallentasse, poi che una overdose d'acqua facesse il miracolo di rinforzare i pochi germogli, ma ogni strategia si è rivelata del tutto inutile.
Il dibattito che si è aperto fra gli ischitani è se si debba o meno piantare una nuova palma che possa riproporre l'immagine di quella vecchia, incombente sul porto. Alcuni sono contrari, perché la maestosità della palma vecchia sarà difficile da raggiungere, forse per qualche decennio. Altri affermano che si può reimpiantare una palma abbastanza grande da costituire un simbolo.
Per una brutta notizia da Ischia ce ne è però anche una bella. Dopo una trentina d'anni di incuria si sta lavorando per far riapparire la spiaggia dei Maronti, uno dei luoghi più suggestivi dell'isola, tra la Punta della Signora e il promontorio di Sant'Angelo.
I guai per questo litorale caro a Plinio il Vecchio iniziarono quanto fu spostata una barriera rocciosa naturale per proteggere il porto di sant'Angelo. Il mare si appropriò di gran parte della spiaggia ed erose un costone di tufo. Le mareggiate si portarono via pontili e costruzioni abusive, le frane si susseguirono, anche con perdite umane.
I lavori procedono con la posa in opera di reti di contenimento del costone, la costruzione di due barriere artificiali ed il rifacimento dell'arenile. A cento metri dalla costa una potente turbina aspira la sabbia (a cinquanta metri di profondità) che viene trasportata a riva e spianata.