Per la prima volta in Italia da almeno sessant’anni, cioe’ dalla fondazione della Repubblica, vengono ridotte le tasse, un avvenimento storico e di portata “epocale” dice il premier che lo ha fortemente voluto forzando alquanto la mano e la volont di una o pi parti della maggioranza che sostiene il suo governo. Era un impegno preso con gli elettori da Berlusconi ed a distanza di poco piu’ di un anno e mezzo dalla scadenza del mandato, il Governo si e’ visto costretto a presentare al Parlamento il suo programma di riduzioni delle spese e di analoghe contrazioni delle entrate fiscali.
E’ un bene o un male (come dicono le sinistre con argomentazioni che vedremo poi)? A nostro giudizio – al di la’ delle dimensioni dell’operazione e dell’impatto sul tenore di vita dei cittadini – si tratta di una decisione molto importante dal punto di vista dei principi: se c’e’ la possibilit di aumentare il contributo economico degli italiani al funzionamento dello Stato, ci deve essere anche quella, quando e’ possibile, di diminuirlo.
Al di la’ quindi delle dimensioni abbastanza ridotte del provvedimento (lo zero cinquanta per cento del prodotto interno) i significati politico e sociale non sono da buttar via. In ogni caso negli anni a venire sara’ ben difficile per qualsiasi governo futuro fare marcia indietro nel modificare le nuove aliquote introdotte: un eventuale governo di sinistra potra’ al limite aumentare quella relativa ai redditi pi alti o altissimi, ma non potra’ mai inimicarsi decine di milioni di cittadini che tirano avanti con difficolt con i loro modesti introiti. Si spiega cosi’, ma soltanto in parte, la grande campagna polemica delle sinistre contro queste prime riforme del fisco volute dal centrodestra, anche perche’ di punto in bianco sono cadute improvvisamente tutte le loro speranze sulla tenuta della maggioranza su questa materia.
Con malcelata irritazione e con disinvolte dichiarazioni di critica e addirittura di condanna, le sinistre unite (?) si sono schierate contro l’iniziativa governativa: qualcuno (Fassino) e’ giunto a conclusioni contraddittorie affermando prima che si trattava addirittura della concessione di una “mancia” ai cittadini elettori e poi che la manovra avrebbe portato danni “incalcolabili” all’economia del Paese. Ancora pi singolari le reazioni dei sindacati che avevano indetto, almeno un mese prima del varo del provvedimento, uno sciopero generale che poi per forza di cose si e’ trasformato in una strana manifestazione contro la riduzione delle tasse, proprio quello che in genere il popolo ha sempre voluto. Si e’ giunti, per soprannumero, alla incredibile e inconsueta alleanza dei sindacalisti e dei datori di lavoro industriale, un’alleanza innaturale che pochi hanno compreso. La Confindustria avrebbe voluto che il ricavato dei tagli alla spesa pubblica andasse direttamente ai propri associati, per un presunto sostegno alla ripresa economica del Paese. Si proponeva ancora una volta il vecchio e disastroso andazzo che tanti danni ha provocato (debito pubblico tra i pi alti del mondo) negli scorsi decenni: aiuti diretti e indiretti alle aziende private quando erano in difficolt, distribuzione dei dividendi tra i soci quando invece riuscivano a risollevarsi dalla crisi. Uomini della sinistra pi avvertita hanno capito e denunciato quanto meno questa inusuale “alleanza” tra industriali e i lavoratori, inconsapevoli. Cosa poi ne verr fuori difficile dirlo.
Come e’ altrettanto difficile prevedere cosa accadra’ di questa massa di soldi (ma e’ appena l’uno per cento degli introiti complessivi dello stato) che andra’ direttamente nelle tasche dei cittadini. Servira’ come avvenuto negli USA e in parte in Gran Bretagna, ad un aumento dei consumi tale da aiutare sul serio la ripresa dell’economia? Si hanno molti dubbi, vista la modestia dell’operazione. Aiutera’ soprattutto le famiglie in difficolt? Probabilmente s, ma non si sa per quanto tempo. Sara’ utile alla maggioranza dal punto di vista elettorale? E’ tutto da vedere anche perche’ la manovra ha riguardato solo le “imposte” sui redditi. Ma le vere “tasse”, nel significato della parola, sono un’altra cosa: sono quelle che paghiamo quando lo stato, le regioni, le province e i comuni ci danno qualcosa in cambio di denaro sonante. Sono le concessioni, i bolli, le gabelle, le autorizzazioni. In questo campo nulla e’ cambiato e tutto puo’ cambiare se non saranno fatte scelte coraggiose. Insomma c’e’ il rischio non tanto remoto che alla fine dovremo scegliere se continuare ad andare in auto (tassa di circolazione), se andare al cinema o vedere la televisione (il canone obbligatorio alla RAI), se andare a caccia o rimanere in casa e via elencando. Una cosa e’ certa: e’ gia’ previsto che chi continuer a fumare la paghera’ cara.