Premessa: se qualcuno pensa ancora che i drammatici problemi della giustizia italiana riguardino soltanto il lavoro di qualche migliaio di avvocati, è un insensato, uno che non conosce la vita, un cittadino poco consapevole. Ciò posto, a chi dovesse avere ancora a cuore la libertà e i diritti che la sostanziano, segnaliamo i durissimi documenti diffusi, all’unisono, dal Consiglio Nazionale Forense, dall’Unione delle Camere Penali e dall’Unione delle Camere Civili (vedasi il sostanzioso articolo del Presidente di queste ultime, Antonio de Notaristefani: “Il processo civile non resti vittima del coronavirus” in Messaggero del 23 aprile).
Con il pretesto – non più motivo credibile – dell’emergenza epidemica, il Governo, imponendolo al Parlamento sempre più tacitato coi voti di fiducia coatta, sta trasformando le cause penali e civili in autentiche farse telematiche, “remotizzando” giudici, cancellieri, avvocati, parti e quant’altri: con il che si soffocano facoltà della difesa, si impedisce la vera conoscenza degli atti e la percezione di quelli che si vanno a compiere, si creano le condizioni di fraintendimenti e adulterazioni delle risultanze processuali, possono verificarsi arbitri dei magistrati e marchingegni delle parti.
La finalità in buona fede di alcuni capi degli Uffici: non bloccare tutta l’attività giudiziaria nel tempo dell’epidemia ed evitare le prescrizioni dei reati. La finalità perversa di molti: non andare più in ufficio e lavorare in permanenza da casa in ciabatte (già da tempo la maggioranza dei magistrati, che tra l’altro vanno nelle sedi da loro stessi scelte tra le disponibili, elude l’obbligo di residenza o almeno domicilio nella città di servizio) ed avere la “padronanza” indiscutibile dell’udienza – se vogliamo così chiamarla! – col tacitare per via di tecnica comunicativa e verbalizzatoria le più moleste allegazioni e argomentazioni delle parti e degli avvocati. Una “giustizia” da Grande Fratello e da regime totalitario prima della caduta del Muro di Berlino! La corrente magistratuale di Davigo (la nuova star televisiva dei tutti sono presuntamente colpevoli salvo che provino di essere innocenti!) chiede che queste procedure “da remoto” diventino stabili anche dopo l’emergenza. Anche la corrente Area non le vede male e arriva a dire che non è detto che esse comprimerebbero i diritti della difesa. Più forti perplessità sulla giustizia telematica dopo l’emergenza sorgono invece nella corrente “Unicost”, che ritiene necessaria la compresenza dei soggetti processuali.
Netta – bisogna obbiettivamente riconoscerlo – l’opposizione di Magistratura Democratica, la corrente più a sinistra, che ritiene inaccettabile la “dematerializzazione” del giudice, con gravi dubbi su riservatezza, ponderazione e valore delle decisioni assunte in tali modi: ammette soltanto alcune attività espletabili a distanza in via eccezionale e temporanea. L’insorgere dell’avvocatura compatta e di buona parte della magistratura sottolinea dunque che, nella pancia del cavallo di Troia dell’emergenza virus, si nasconde la volontà di rendere evanescente, impraticabile, incontrollabile la giustizia. E mortifica l’atteggiamento sciatto e immaturo di qualche frangia giovane dell’avvocatura che, tutto sommato, accetterebbe la causa col computer fatta da casa. Non vogliamo criminalizzare nessuno, perché il fare qualsiasi cosa pur di fare è diventato il primo imperativo per non poca parte del ceto forense, ridotto ad un proletariato economico che fatica a nutrire la famiglia e pagare le bollette. E’ vero. Ma pesa anche una sottocultura formativa che forse non permette di percepire il rischio di vanificazione della certezza dei diritti, nonché dell’esercizio e della dignità della professione, scelta per vocazione o per necessità.
Concludendo: abbiamo già molto scritto sui pericoli di liquidazione delle libertà e della qualità della vita, che le “remotizzazioni” legate all’emergenza, insidiosamente proiettate anche nel tempo successivo, stanno configurando in tutti i servizi pubblici essenziali. Qui abbiamo voluto evidenziare la minaccia più grave, quale dovrebbe apparire la compromissione della tutela giudiziaria agli occhi e alla sensibilità di ancora crede nella civiltà dello Stato di diritto.
articolo pubblicato il: 30/04/2020 ultima modifica: 10/05/2020