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cultura
Protagora: l'uomo è misura di tutte le cose
di Giuseppe La Rosa

(Tracia 485 a. C. - ..............)

"L'uomo è misura di tutte le cose"

Il relativismo intellettuale. Non c'è una verità assoluta. Tutto è da rapportare all'uomo, che diventa il metro di lettura della realtà. L'uomo, con le sue grandezze e con i suoli limiti, con i suoi bagliori di sapienza e con le sue funeste azioni. Sono trascorsi più di duemila anni e sembra nulla sia cambiato.

Storicamente è comprensibile il suo pensiero. Viveva nell'Atene del V secolo a. C., il periodo della stagione democratica. Nell'assemblea cittadina tutti hanno diritto di dire la loro. Si discutono tutte le opinioni. Se ne scelgono alcune. Le si approvano. Vengono tramutate in leggi che servono a regolamentare la comunità. Non c'è niente di fisso. Tutto è al vaglio di tutti. La verità diventa quella accettata dai più.

Fu contemporaneo di Socrate ma la pensava diversamente da lui. Socrate si manifestava come un ignorante, Protagora ci teneva alla propria cultura. Socrate vestiva come uno straccione, Protagora come un raffinato aristocratico. Socrate era un "poveraccio", Protagora era un riccone. Era un intellettuale che si faceva pagare a peso d'oro le sue lezioni. Per Socrate, scava e scava arrivi alla conoscenza della verità e all'importanza della virtù, per Protagora nulla è certo. Non esiste una verità uguale per tutti. Non c'è una moralità valida per tutti. Ciò che per uno è bene, per un altro è male.

"L'uomo è misura di tutte le cose". Cioè, le cose non sono vere o buone o giuste di per sé, ma è ciascuno di noi che le rende più o meno vere, più o meno buone, più o meno giuste.

Oggi, non si vive all'insegna di questo comandamento ? La vita odierna, sin nelle sue più piccole sfaccettature, non è pervasa da questo dettame ? Ci sono valori-faro ? Dio, il rispetto della vita, della famiglia, della civile convivenza ? No ! C'è in giro tanta voglia di distinguo che poi si tramuta in accettazione acritica, in stanca e amorfa prassi di vita, si radica in una negligente misconoscenza del prezioso passato traboccante di sofferto ma copioso bagaglio culturale, tanto benefico per lo spirito e per l'intelletto.

Cosa insegnava Protagora ai giovani ateniesi desiderosi di far carriera ? Insegnava l'arte di far prevalere, spregiudicatamente se occorreva, il proprio punto di vista su quello degli altri. Da una parte era convinto che ognuno dovesse difendere le proprie idee, in quanto una verità uguale per tutti non c'era, dall'altra si poneva come emerito "professore" nell'arte di smantellare, ai propri fini, tali idee. E in questo era insuperabile.

Protagora fu l'acrobata delle "antilogie". Discorsi, cioè, duplici, che si contraddicono, Si divertiva un mondo a caratterizzare qualsiasi discorso presentandolo sotto due aspetti contrari. Su ogni questione sosteneva la possibilità della tesi e del suo contrario.

Di certo il pensiero di Protagora fu dirompente. Fin quanto si trattò di intaccare le opinioni morali o politiche chiusero un occhio, ma quando cominciò a mettere in dubbio l'esistenza degli dei, allora le cose si fecero più serie. Le caste sacerdotali non digerirono per niente siffatti insegnamenti. Dovette lasciare Atene, e non vi rimise più piede. Morì di lì a poco in un naufragio.

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