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pace, strade vicinali e boschi demaniali

È rimasto proverbiale nella provincia andalusa di Almería il fatto storico della dichiarazione di guerra alla Francia da parte del piccolo paese di Líjar, il 14 ottobre 1883, per supposti insulti da parte francese al re di Spagna Alfonso XII. Da noi invece nessuno vede il ridicolo nel fatto che il consiglio comunale di Colli sul Velino, in provincia di Rieti, abbia, con nove voti contro due, dichiarato il paese "Municipio per la pace" (e che soprattutto la cosa sia stata riportata con enfasi dal GR regionale delle 7.20). Colli sul Velino è un piccolo borgo dove nessuno si reca, se non per aver sbagliato strada (un tempo esisteva un ristorante piuttosto noto nella zona e gli arrivi erano meno incidentali). Nemmeno tanti anni fa la gente votava in massa Democrazia Cristiana (i maligni dicono perché molti non sapevano nemmeno che si potessero votare altri partiti), mentre qualche giovane esuberante faceva dispetto al parroco votando MSI.
Sono trascorsi quasi quarant'anni da quando piccoli comuni gestiti da forze di sinistra condannavano l'intervento americano in Viet-Nam e trent'anni da quando all'imbocco di tante località italiane si poteva leggere "Comune denuclearizzato" (ma la nube di Cernobyl evidentemente non sapeva leggere i cartelli). Con tutto questo ritardo il Comune di Colli sul Velino, orfano del "piccolo padre" Franco Maria Malfatti, ai suoi tempi ras incontrastato delle preferenze nel Reatino, si sveglia e si mette a parlare di pace. Tutti siamo contro la guerra, per carità, ma forse sarebbe più produttivo se sugli Appennini si parlasse di viabilità vicinale, salvaguardia dei boschi demaniali, prospettive dell'allevamento degli ovini. Ma tant'è; probabilmente ai consiglieri comunali non sarà apparso vero di discutere di Bush e Saddam invece di parlare della rispondenza dell'edificio scolastico (stante anche la sismicità della zona) alle norme di sicurezza.

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