Un appassionato dibattito si è acceso intorno al futuro degli ITAS, gli istituti tecnici agrari, che per cento anni hanno rappresentato una scuola d'élite per la media borghesia agraria e che da qualche anno vedono crescere la presenza di iscritti non legati al mondo contadino, ma interessati al problema dell'ambiente e agli sbocchi professionali nell'agroalimentare.
Da una parte c'è chi vorrebbe snaturarli o addirittura sopprimerli, lasciando il campo dell'istruzione agraria al comparto dell'istruzione professionale se non addirittura a quella dei corsi regionali, dall'altra chi ne vede di buon occhio la liceizzazione, propedeutica a facoltà universitarie in grado di sfornare specialisti dell'agrobiologia o dell'agrochimica.
Del problema se ne è parlato recentemente in un convengo a Mantova, "L'istruzione agraria tra passato e futuro", organizzato dagli ITAS lombardi.
Dirigenti, docenti, genitori e studenti sono contrari ad ogni ipotesi di "declassamento" in senso professionale degli ITAS, ricordando come il progetto sperimentale "Cerere Unitario" sia perfettamente rispondente ad una scuola che vuole essere il polo di attrazione per quanti vedono il loro futuro di lavoro nel campo della salvaguardia del territorio o della "filiera agricola allargata" (trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli in una prospettiva di corretta gestione delle risorse).
La richiesta degli interessati è dunque quella di salvaguardare una tradizione centenaria di ottimo livello, anche mediante la diminuzione delle ore dedicate a laboratori ed esercitazioni, in una visione in un certo qual senso "umanistica" della gestione del territorio, nella prospettiva del proseguimento degli studi da parte di molti studenti nelle aule universitarie.