Il rapimento di Aldo Moro, come era prevedibile, si inserì subito in quel filone che sarà poi denominato "dietrologia", per cui in Italia per anni non c'è stato un avvenimento che non abbia suscitato polemiche, distinguo, ricerca del "cui prodest", accuse da una parte all'altra.
Per anni l'esecuzione materiale fu attribuita al brigatista "irriducibile" Prospero Gallinari, mentre il "dissociato" Moretti (cui ormai molti attribuiscono l'esecuzione) andava a conversare nei salotti televisivi, affermando che "Sul sequestro ormai si sa tutto". Un brigatista addirittura è stato scoperto molti anni dopo, mentre conduceva una vita tranquilla.
Sempre anni dopo, nella ristrutturazione dell'ex covo brigatista milanese di via Montenevoso, fu trovato un memoriale di Moro murato sotto una finestra. Ci furono naturalmente polemiche a non finire, con chi diceva che il memoriale era stato messo lì da poco, da una "manina" interessata, perché l'appartamento era stato a suo tempo "rivoltato come un calzino". L'analisi scientifica della carta e dell'inchiostro dimostrò che il memoriale era lì da una dozzina d'anni e che la "manina" faceva il paio con il "Grande vecchio" la cui ombra aveva aleggiato per anni sulle cronche (Moretti ebbe a dire, ascoltatissimo, che a volte aveva avuto l'impressione "che ci fosse qualcuno che ci manovrava dall'alto", che sembra tanto la storia delle Twin Towers fatte saltare dalla CIA).
Ma gli anni settanta furono sempre costellati di opinioni che sembravano verità e prese di posizione aprioristiche. A cominciare dalla bomba di piazza Fontana (che chiuse bruscamente i felici anni sessanta) e avanti così per anni, quando ogni episodio delittuoso era attribuito all'una o all'altra parte, a seconda delle opinioni dei giornalisti.
La sera chi aveva la pessima abitudine di guardare il telegiornale in cucina si rovinava la cena sentendo notizie di scontri e di agguati. Poi, però, le trasmissioni continuavano lietamente. A rileggere le cronache dell'epoca l'Italia appare come in immenso Far West; meglio ancora, una gabbia di matti
con gente che era uccisa dai propri amici o da non meglio identificati "poteri forti"(stando a certe cronache di parte di giornali ufficialmente non schierati).
Ma illazioni, interpretazioni, rivelazioni restavano spesso senza risposte chiare; anche quando, anni dopo, su molti fatti dell'epoca non ci sarebbe stato più da discutere, in tanti sono rimasti delle proprie convinzioni di allora.
Ma la maggioranza degli italiani, letto il giornale e esaurite le dovute chiacchiere in ufficio, seguitava a vivere come se niente fosse, pensando al lavoro e allo svago. Solo tanti giovani (delle due parti) che in anni diversi avrebbero potuto fare una dignitosa carriera, si trovarono la vita rovinata, quando non conobbero la prigione o finirono al cimitero.
Per centinaia di giovani politicizzati, per i poliziotti (anche loro ragazzi), per i caduti furono veramente "anni di piombo". Per certi saggisti e certi giornalisti furono solo "anni di carta".