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arte e mostre
il "segno" di Giorgio de Chirico
di Michele De Luca

"Ma un dipinto di de Chirico si legge in primo luogo come disegno": così sintetizzava la compianta storica dell'arte Jole de Sanna, tra i maggiori esperti e profondi conoscitori dell'opera dechirichiana, autrice della monumentale monografia Giorgio de Chirico. Disegno, edita nel 2005 da Electa, che raccoglieva per la prima volta tutti i disegni della Fondazione Giorgio e Isa de Chirico, tra cui molti inediti, divisi per tema, tra cui ventiquattro disegni inediti realizzati dall'artista come momento preparatorio delle sue litografie della serie dell'Ebdomero. Come dire: nell'opera di de Chirico, nella pittura, nella grafica e nella scultura, prima di tutto c'è il disegno: il disegno metafisico, per de Chirico, equivale ad una sorta di scrittura mentale, anzi - come egli stesso scriveva - "è impronta del pensiero, rivelazione cognitiva". Nel pieno controllo dei dati antropologici, l'artista riconduce il disegno alla sua origine come ideogramma nei geroglifici, i quali sono effetti di linee: "Nelle antiche scritture di origine egiziana - egli affermava - si vede confermata la tesi che il pensiero è un'immagine, o visione, per il fatto stesso che le prime scritture erano dei disegni delle cose descritte"; di disegni, si badi bene, che rappresentavano la forma e non il, colore degli oggetti che si volevano enunciare. Sulla centralità del disegno e del "segno" nel percorso ideativo e realizzativo della creazione dechirichiana è lo stesso artista che offre ancora una riflessione autentica e profonda, quando dice: "Questa forma immateriale o ideale è nata dalla forma diretta o, per dire in altre parole, dalla forma esistente della natura. Così come la luce del sole è captata e riflessa dalla luna, così la forma diretta è stata captata dal cervello umano, che l'ha poi proiettata nel mondo. Tale fatto ha provocato il graduale sviluppo dell'intelligenza umana". Il disegno, come percorso di un "segno" e come primo concepimento della "forma" è la base strutturale in tutti quadri (ma anche nei lavori plastici) di de Chirico; esso è cioè parte fondante dei dipinti e delle sculture, ma, in quanto effetto di studi, è poi anche documento di per sé importante, in sé concluso, che "precede" soggetti e temi dipinti o scolpiti. Il che vuol dire che, un tracciato grafico sottostante al colore, come una sinopia, è già "quadro", "opera" originale e completa allo stesso titolo dei dipinti e delle sculture.

Il "segno" occupa dunque nella produzione dechirichiana un posto fondamentale e rappresenta una sorta di "filo rosso" che collega forme tecniche diverse di produzione, rappresentando comunque per ciascuna di esse la scaturigine prima dill'invenzione del Maestro. Ed è l'idea portante che è alla base di una ricognizione storicocritica di un'importante mostra allestita (fino al 9 novembre) tra gli stucchi settecenteschi del raffinato Auditorium Sant'Agostino a Civitanova Marche Alta, in uno degli angoli più suggestivi delle Marche, a due passi dalla casa natale di Annibal Caro, celebrato traduttore dell'Eneide (di cui ricorre il cinquecentesimo anniversario della nascita), con la quale, dopo le ultime rassegne dedicate a Wharol, Dalì, Picasso, Chagall e Mirò, la città marchigiana si riconferma protagonista convinta nella divulgazione dell'arte del Novecento presentando una mostra su Giorgio de Chirico nel trentesimo anniversario della sua scomparsa avvenuta a Roma nel 1978. Joseph, Maria, Albertus, Georgius de Chirico, (Volos, Tessaglia, Grecia, 10 luglio 1888 - Roma, 20 novembre 1978), ha profondamente rinnovato il linguaggio visivo del XX secolo. Negli stessi anni in cui Picasso trasformava gli aspetti visibili della cose e Kandinsky ne faceva scaturire emozioni astratte, egli gettò le basi di un nuovo modo di esprimersi fondato non sull'apparenza dell'oggetto, ma sulle sue possibilità di significato. Per primo si rese conto che ogni forma che vediamo trae il suo vero valore dalla nostra coscienza per le infinite associazioni e ricordi che può suscitare in noi.

Convinto della fondamentale mancanza di senso del mondo e dell'inesistenza di una verità unica, tanto meno di quella visibile, il Pictor Optimus ha fatto della sua arte il mezzo per mettere a nudo il mistero delle cose. Dipingendo immagini che appaiono come un ricordo e accostandole non secondo la logica, ma per associazioni intuitive e simboliche, de Chirico provoca in chi guarda reazioni psichiche ed emotive di grande intensità e di profonda poesia. Far vedere ciò che non si può vedere è stato fin dall'inizio lo scopo della sua ricerca artistica e chiamò Metafisica la sua pittura perché essa ci mostra che il mistero e l'enigma non stanno al di là, ma dentro le cose fisiche, nella tranquilla bellezza della materia. Egli avvia un cambiamento fondamentale nelle arti visive che estenderà la sua influenza fino alla Pop Art, mettendo a nudo l'instabilità e la relatività dei linguaggi convenzionali della comunicazione.

L'originalità della rassegna civitanovese ("Giorgio de Chirico e il segno"), promossa ed organizzata dal Comune di Civitanova Marche, dalla Pinacoteca Comunale Marco Moretti e dall'Azienda Municipalizzata Teatri di Civitanova, sta nell'analisi del percorso di Giorgio de Chirico dal segno, al disegno, alla grafica, alla scultura. Un ampio studio in questa direzione, condotto da Adriano Baccilieri, ci guida, dalle pagine del catalogo edito da Bora, nell'ammirare la corposa serie di opere che, per la prima volta riunite, sono esposte nell'auditorium di Sant'Agostino. Il corpus di tutte le tematiche trattate da de Chirico, settanta opere grafiche colorate a mano dal Maestro, comprese le grandi tavole realizzate nel raro formato di centimetri 70 x 100, che hanno per soggetto i paesaggi metafisici, le nature morte, i Bagni misteriosi, i Trofei, i Manichini, Le Muse inquietanti, i combattimenti di gladiatori fino ai cavalli e la mitologia classica, sono a confronto tra loro, con disegni originali, lastre di stampa, sculture, tra cui la monumentale Gli Archeologi; completa il percorso una rarissima documentazione che indica e fa apprezzare il procedere di de Chirico dal disegno alla tridimensionalità.

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