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finanza
Europa, Europa
di Domenico Massa

Bruno Crastes, fondatore di H2O Asset Management (società del gruppo Natixis con 27,4 miliardi di dollari in gestione) recentemente si è espresso affermando che il ventre molle delle banche europee non è rappresentato da Intesa Sampaolo e/o Unicredit, ma dalle banche tedesche e francesi a partire dalla Deutsche bank. Il 2019 sarà caratterizzato dall’osservazione non tanto sul “rischio debito sovrano”, ma l’attenzione sarà posta in ambito europeo sulle banche. C’è da dire che la vigilanza europea, con a capo Daniele Nouy, ha ossessivamente posto l’accento sui NPL (crediti deteriorati) problema che vedeva maggiormente esposte le banche italiane costringendole, nonostante le contrarietà espresse da Bankit, a procedere a tappe forzate a svendere prevalentemente ad investitori esteri. I controllori europei non appare che abbiano posto la stessa solerzia nell’affrontare le problematiche che affliggono le banche tedesche e francesi. Dette problematiche sono riconducibili all’enorme quantità di derivati e titoli tossici che hanno in pancia le banche transalpine e teutoniche. Il sole 24 ore ci informa che “Prese singolarmente, la sola Deutsche Bank (48,26 trilioni) e la sola Barclays (40,48 trilioni) hanno molti più derivati di tutte le principali banche giapponesi messe assieme (32,44 trilioni)”. Nel caso della Deutsche Bank si tratta di derivati pari a circa venti volte il debito pubblico italiano.

La velocità con la quale vengono diffuse notizie ed il livello di istruzione dei cittadini che ne usufruiscono, mettono a nudo la vera essenza delle rappresentazioni che vengono messe in scena nei sacrari della ortodossia delle Istituzioni Europee. La stucchevole trattativa sulle previsioni di bilancio a cui è sottoposto il Governo italiano appare un esercizio di cosciente miopia politica, se rapportato alla assoluta leggerezza con cui vengono affrontati rischi che potrebbero materializzarsi in una crisi ben più profonda e pericolosa di quella emersa in occasione del fallimento della Lehman.

Si legge che il salvataggio della Deutsche Bank potrebbe essere realizzato attraverso la fusione con la Commerzbank e che il progetto sia caldeggiato dello stesso ministro delle Finanze tedesco, Olaf Scholz. L’operazione di fusione difficilmente porterebbe ad una soluzione piena e definitiva delle problematiche che sono state evidenziate (derivati e titoli tossici); sicuramente richiederebbe un intervento pubblico che allo stato attuale non è realizzabile senza una modifica delle regole europee in materia. E’ lecito pensare che il vero scopo della fusione sia quello di guadagnare tempo e permettere un aggiustamento delle regole europee che faciliti un intervento statale. Anche in questo caso non potrebbe sfuggire che in altre occasioni l’Europa chiese la pedissequa applicazione del “bail in” o del “burden sharing”: termini che sono entrati tristemente nel lessico di molti risparmiatori italiani. L’argomento assolutamente tecnico reclama un approccio squisitamente politico, ma all’orizzonte non si staglia la benché minima ombra di “Statista” in grado di affrontare la gravissima crisi nella quale sono piombate le Istituzioni Europee. L’enorme quantità e varietà di regole prodotte dalle Istituzioni Europe senza tenere in nessun conto gli effetti sulla vita quotidiana dei cittadini permette che la miopia politica sia elevata a scuola di pensiero. Quando l’umano si trova di fronte ad un fatto o ad un comportamento che non riesce a spiegare emerge la “tesi complottistica” ed il sospetto che non si risponda più agli interessi degli elettori, ma a poteri occulti con scopi occulti.

Le proteste di piazza dei francesi dovrebbero far riflettere coloro che non si sono accorti che l’opinione diffusa, a giusto o a torto e quella che le aspettative formulate nelle premesse dei tratti europei sono state completamente disattese.

articolo pubblicato il: 10/01/2019 ultima modifica: 22/01/2019

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