“Lasciarsi andare” è il secondo romanzo di Marco Martinelli. Dopo numerosi saggi di vario genere, l’autore ha concentrato la sua voglia di comunicare, in una dimensione letteraria, storie reali con un racconto asciutto, a tratti aggressivo, ma collocate fuori da un tempo e da uno spazio definiti e circoscritti.
Non ha però abbandonato il gusto di scavare nelle coscienze individuali e collettive e di perseguire un percorso di analisi introspettiva dell’universo umano. Sottendono il tutto una chiara e forte preoccupazione esistenziale, un incessante dialogo con i temi morali ed etici della società attuale e dell’individuo nella sua unicità.
Aleggia continua la spasmodica ricerca di libertà, di autodeterminazione e di autoaffermazione che lacci più o meno nascosti, più o meno tesi soffocano ed inibiscono qualsiasi azione umana.
Si avverte forte il contrasto fra l’individuo ed il pensiero dominante che nel dilagante conformismo condiziona i rapporti interpersonali.
I personaggi che animano questo secondo romanzo non si svincolano dal controllo dell’autore e amplificano le sue preoccupazioni.
Le azioni che essi vivono sono legate e calate nella contemporaneità, di cui assumono anche il linguaggio secco ed asciutto.
Il dramma dei personaggi è sostanzialmente legato alla consapevolezza della incomunicabilità; uomini e donne pupazzi o burattini nelle mani di forze potenti, insindacabili ed occulte.
Martinelli si colloca nell’alveo del romanzo moderno. Dimostra di conoscere Svevo e Joyce, Henri Bergson e occhieggia alla psicanalisi, in cui la trama scompare nel dissolvimento della struttura del romanzo ottocentesco e non esiste più correlazione tra rappresentazione spaziale e ambiente. Scompare, inoltre, l’andamento cronologico, per privilegiare l’attenzione sulla sofferenza dell’uomo, che ha perso l’identità e l’essere eroe. Anche i personaggi di Martinelli vivono nel tempo della coscienza nel fluttuare cosmico della realtà.
articolo pubblicato il: 02/12/2018