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storia
storie di giganti vissuti davvero
di Alessandro Dell'Aira

Chi visita il castello di Ambras presso Innsbruck inizia il suo giro dalle sale in cui da una ventina d'anni è stata risistemata la collezione di armi dell'arciduca del Tirolo Ferdinando II, morto nel 1595. La prima cosa che si nota, contro la parete di fondo della sala d'ingresso, sono le piccole armature dei figli dell'arciduca con al centro una guardia del corpo gigantesca, alta due metri e sessanta. E' Bartlmä, ovvero Bartolomeo Bon, il contadinone di Riva del Garda, omonimo dell'architetto veneziano della Ca' d'Oro. Il suo manichino di legno è protetto dalla corazza. Ha le mani poggiate sull'elsa fiorata di uno spadone tenuto a pied'arm.

L'abito che porta è registrato anch'esso in un inventario della fine del Cinquecento: è del tipo "alla lanzichenecca", a strisce rosse e bianche, con le maniche a sbuffo e la calzamaglia aderente che spunta da sotto i gambali.

L'armatura è della fabbrica di corte fondata a Praga da Ferdinando II: risale a quando il "gorilla" Bartlmä accompagnò a Vienna un nipotino dell'arciduca al suo primo torneo imperiale, di quelli combattuti a piedi e non a cavallo. Era il 1560.

Il Bartlmä di legno ha il volto bonario sotto l'elmo crestato a calotta. Gli occhi guardano lontano, inquadrati dalle sopracciglia ad arco. Il testone da giraffa sembra muoversi in bilico sul cilindro del collo blindato. I custodi lo chiamano confidenzialmente "Die Puppe", e questo ci ha fatto venire in mente "El Popo", alias Bernardo Gilli, nato a Bezzecca nel 1726, alto esattamente quanto Bartlmä, due metri e sessanta, e divenuto un'attrazione internazionale. Le avventure di "El Popo" sono state ricostruite da Danilo Mussi (I giganti della Valle di Ledro, Tione, 1997) e riprese da Duccio Canestrini come esempio della curiosità morbosa per i freaks, le cose strane e bizzarre.

La moda si impose tra il Sette e l'Ottocento, ma l'interesse era già vivo da molti secoli, come dimostrano le collezioni dei raccoglitori del secondo Cinquecento. Lo stesso Ferdinando II si circondò di inutili cianfrusaglie mischiate a opere rare della letteratura e dell'arte figurativa, organizzate ed esposte in funzione degli ospiti, secondo criteri teatrali e di modernità. Ed è probabile che Bartlmä Bon fosse stato chiamato da Riva alla corte del Tirolo come pezzo vivente delle collezioni dell'arciduca.

Il gigante Bernardo Gilli da Bezzecca, "scoperto" da un equilibrista di Nomi quanto aveva vent'anni e spacciato per turco presso le corti di mezza Europa, era un pacioccone come il suo collega rivano. Si esibì a Madrid, a Varsavia, a San Pietroburgo. Come un condannato alla pena capitale, dispose che il suo corpo potesse servire alla scienza. Quando morì, un chirurgo di Riva fece a pezzi la salma e spedì il teschio e un femore al Museo Civico di Rovereto, dove le ossa significative di "El Popo" furono esposte accanto a un suo ritratto life size e a un suo calzino - si fa per dire - di seta.

Nel 1872, anno dell'Esposizione di Torino, lo stesso in cui Vittorio Emanuele II ricevette in dono due pigmei "vivi" dal re d'Egitto e li girò alla Società Geografica Italiana, a quei cimeli roveretani si aggiunsero alcuni oggetti personali del fu signor Gilli, il turco di Bezzecca. Finché una bomba della Grande guerra non ridusse tutto in polvere, vetrine comprese, rendendo giustizia alla dignità umana di "El Popo".

Il gigantismo alpino ha un altro esempio famoso: quello dei fratelli Battista e Paolo Ugo, di Vinadio in Valle Stura, vissuti a cavallo tra Ottocento e Novecento, alti due metri e quaranta quando l'altezza media degli italiani era di uno e sessanta.

Furono assunti entrambi dal circo francese Bati e presentati sotto la torre Eiffel come Baptiste e Paul Hugo di St. Martin Vesubie, i più grandi giganti del mondo intero. Quando tornavano al paese, le due superstar del Bati si accendevano i sigari dai lampioni o da un fiammifero sfregato sui davanzali delle finestre dei primi piani di Vinadio.

Per chi ama le statistiche, ricordiamo che il biblico gigante Golia misurava sei cubiti e un palmo, per l'esattezza tre metri e ventuno centimetri, equivalenti a dieci piedi e mezzo. E che l'uomo più alto della storia pare sia stato Robert Wadlow da Alton nell'Illinois (e di dove poteva essere!), con i suoi otto piedi e undici pollici, qualcosa come due metri e settantadue centimetri.

Contro i "soli" due metri e sessanta di Bernardo Gilli da Bezzecca, alto quanto Bartlmä Bon da Riva del Garda, che tra le guardie del corpo dell'arciduca del Tirolo, ai tempi del Concilio di Trento, aveva comunque un ruolo di spicco.

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