Il 14 maggio 1948 veniva ufficialmente proclamata la nascita dello Stato di Israele. Se andassimo a chiedere a chi allora c'era, probabilmente non si ricorderebbe di una notizia che passò quasi inosservata; qualche riga sui giornali, che nell'immediato dopoguerra avevano perlopiù uno spessore tipo "Il foglio" di Giuliano Ferrara, la voce asettica di uno speaker del Giornale Radio.
Nessuno poteva immaginare che in quella data si stavano cambiando i destini del mondo, perché quello che è accaduto e continua ad accadere in quel piccolo lembo di terra non è solo un dramma locale, una guerra tribale come ne scoppiano a decine, qua e là per il mondo e che talvolta guadagnano anche qualche breve citazione nei libri di storia per le scuole.
La nascita dello Stato di Israele ha cambiato i destini del mondo. Che non si fosse trattato di una nascita indolore lo si comprese subito. Sulla carta la Striscia di Gaza era appannaggio dell'Egitto, Gerusalemme andava alla Giordania e sarebbe dovuto sorgere anche un piccolo Stato, una specie di Califfato palestinese. Il Califfo designato saltò presto in aria con la sua automobile; facile immaginare ad opera di chi.
Poi fu subito guerra ed il piccolo esercito di Tel Aviv fece subito vedere di avere in mano la "Mascella di Sansone", la mascella d'asino con cui l'eroe biblico malmenava gli avversari.
Dopo la guerra del 1948 venne quella del 1956. In quella occasione Francia e Inghilterra si schierarono in favore dell'Egitto, ma quando gli Stati Uniti appoggiarono senza indugi Israele dovettero fare marcia indietro. Circa cinquanta anni dopo la guerra ispano-americana, anche le due nazioni vincitrici della seconda guerra mondiale capirono, come la Spagna nel 1898, che la loro importanza sullo scacchiere internazionale era pressoché nulla davanti allo strapotere degli USA.
Nel 1967 fu la volta della guerra detta dei Sei Giorni e il mondo occidentale si divise in due: da una parte c'era chi plaudiva alla vittoria di Davide contro Golia, dall'altra chi vide nella vittoria di Israele l'ennesima prepotenza del capitalismo giudaico-yankee. In quel periodo i palestinesi erano diventati tutti più o meno comunisti, dato che l'URSS li appoggiava in funzione antiamericana, in barba al socialismo predicato e messo in pratica dai coloni ebraici.
Ci furono anche malumori vaticani quando Gerusalemme fu proclamata capitale, un fatto visto nella stessa prospettiva di quando i bersaglieri entrarono a Roma; in questo caso malumori ci furono anche tra gli ortodossi e i protestanti. La porta attraverso cui passò la fanteria con la stessa di David fu quella detta dei Leoni, appositamente scelta nonostante già da qualche ora gli israeliani fossero in grado di penetrare in Gerusalemme attraverso la porta dell'Immondizia, nome poco consono ai libri di storia.
Fu con la guerra del 1973 che Israele ha, suo malgrado, cambiato i destini del mondo. Dopo l'ennesima sconfitta, i Paesi arabi decisero di cambiare strategia, facendo schizzare in alto il prezzo del barile di greggio, fino ad allora fissato pressoché unilateralmente dalle cosiddette Sette Sorelle. Capofila di questa strategia fu lo Scià e mal gliene incolse, perché mentre nel 1953 gli americani avevano dato man forte ai britannici nello scalzare con l'Operazione Ajax il premier iraniano Mossadeq, quando nel 1979 lo Scià fu costretto alla fuga da Khomeyni gli USA non gli concessero nemmeno asilo politico.
I palestinesi passarono in massa dal credo socialista all'integralismo islamico e dietro di loro sorsero integralismi un po' dovunque, ad eccezione dell'Afghanistan che deve ringraziare l'Armata rossa. Addirittura il poco credente, se non agnostico, Saddam tentò di cavalcare la tigre della guerra santa per contrastare Bush.
Il resto è cronaca. Checché se ne possa pensare, la nascita passata quasi inosservata di un piccolo Stato, sessanta anni fa, ha decisamente cambiato la storia del mondo.