Diceva il Cardinale Newman che, in un sermone, bisogna trasmettere una ed una sola idea e che, necessariamente, i sermoni devono essere incompleti. Se questa norma vale per un sermone, risulta ancora più conveniente per un'omelia.
Qual è l'idea che vorrei trasmettere? Una molto semplice, che ci viene suggerita dall'Ottava di Pasqua e per la prossimità della solennità di San Telmo: l'idea è che i santi sono il frutto della Pasqua di Cristo.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica lo esprime con chiarezza trattando, nel numero 1173, il santorale nell'anno liturgico. Riprendendo l'insegnamento della costituzione Sacrosanctum Concilium, afferma: "Quando, nel ciclo annuale, la Chiesa fa memoria dei martiri e degli altri santi, proclama il Mistero pasquale in coloro che hanno sofferto con Cristo e con Lui sono glorificati".
È vero che i santi sono modelli ed intercessori, ma losono perché in loro si è compiuto il mistero pasquale; mistero di morte e di vita, di croce e di gloria, mistero di transito, di "passo" da questo mondo al Padre.
La pasqua è la massima solennità. La Pasqua del Signore è l'asse e la guida di tutta la storia umana: "l'Oriente degli orienti - spiegava Sant'Ippolito - invade l'universo, e quello che esisteva "prima della stella del mattino" e prima di tutti gli astri, immortale e immenso, il gran Cristo brilla su tutti gli essere più del Sole".
L'asse e la guida!La nostra esistenza non è un'esistenza "disorientata", sommersa nell'oscurità della notte, fin che si possa apprezzare il cammino e la meta. Esiste il Cammino ed esiste la luce che ci guida.
"Era ormai l'alba, quando Gesù si presentò sulla riva", annota il Vangelo di san Giovanni che viene letto il venerdì dell'Ottava di Pasqua. La prossimità del Signore fa albeggiare. Il Vivente è Gesù Cristo Nazzareno, crocifisso dagli uomini, ma resuscitato da Dio dai morti. È la pietra scartata dai costruttori divenuta testata d'angolo. Per questo la Chiesa non si stanca di cantare la grandezza di questo "oggi"; dell'"oggi" della Pasqua: Questo è il giorno fatto dal Signore, rallegriamoci ed esultiamo in esso".
Per la Resurrezione, avvenimento contemporaneamente storico e trascendente, l'umanità di Cristo - il suo corpo e la sua anima - è entrata in maniera perfetta nella trinità di Dio. La sua umanità morta - che riposava nel sepolcro della solidarietà con i morti - fu vivificata dall'azione dello Spirito Santo per passare allo stato glorioso del Signore.
Quello che discendeva dal padre e che, senza tralasciare di essere Dio, si fece uomo assumendo una natura umana per raggiungere attraverso di essa la nostra salvezza; quello che "pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini" ritorna al Padre, portando con sé la sua natura umana; facendo in modo che, per la prima volta, l'umanità - la sua santissima umanità - entri nella gloria, nella maestà, nella santità, nella Vita di Dio.
Ma la contemplazione della Pasqua - di questa novità inaudita, di questa mutazione senza precedenti nella storia della vita, come ha detto Benedetto XVI - resterebbe incompleta se dimenticassimo che Cristo non visse, né morì né resuscitò "per se stesso", ma "per noi": "propter nos et propter nostra salutem", "per noi uomini e per la nostra salvezza", professiamo nel "Credo".
Tutto ciò che Cristo visse fa in modo che possiamo "viverlo in Lui" e che Lui lo "viva in noi": "Con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo" (Gaudium et Spes, 22). Non è possibile, conseguentemente, essere uomo e restare ai margini della Pasqua di Cristo, senza lasciarsi illuminare da Lui.
I santi sono la prova più eloquente di questo "propter nos" di questo "pro me". Sono le "luci vicine" delle quali parla Benedetto XVI nella sua mirabile enciclica sulla speranza, che riflettono la grande Luce, il sole senza tramonto che è Cristo il Signore.
Con la loro corrispondenza con al grazia, i santi hanno reso possibile il dispiegarsi completo di questa unione di Cristo con ogni uomo, che ebbe inizio nell'Incarnazione e che trova la sua perfezione nella Resurrezione.
La realizzazione dell'uomo, il compimento o il successo del suo destino, è impossibile senza Dio e, ancor di più, contro Dio. Siamo chiamati - questo è il nostro destino -a vivere in Cristo; lasciandoci giustificare attraverso di lui;lasciando che Lui vinca, anche in noi, il peccato e la morte;lasciando che Lui ci faccia suoi fratelli, convertendoci, attraverso l'azione del suo Spirito, in figli adottivi del Padre.
I santi sono i più saggi. Hanno percepito, nella fede, che Dio non è un di più superfluo per l'uomo e che l'uomo non giungerà ad essere pienamente quello che è - quello che è chiamato ad essere - se non aprendosi ed addentrandosi nel mistero di Dio.
I santi sono il frutto della pasqua di Cristo. San Telmo, che lasciò questo mondo poco dopo la Domenica della Resurrezione, ci ha mostrato in un modo prossimo, vicino, che Dio è con noi per liberarci dalle nebbie del peccato e della morte e per farci risuscitare ad una vita eterna. (cfr. Dei Verbum, 4). Amen.