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politica estera
accorciare le distanze
di Alessandro Ceravolo

Il ponte sul mare più lungo del mondo. In Cina non si parla d'altro. Sulle prime pagine dei quotidiani echeggiano solenni ed entusiastiche dichiarazioni delle autorità locali riguardanti la ormai prossima apertura (il primo di maggio) del ponte che collega la metropoli di Shanghai alla zona manifatturiera di Ningbo, nella provincia dello Zhejiang, e al suo porto, il secondo del paese per movimento merci. Sono infatti appena terminati i collaudi della mastodontica opera, ennesimo segno di autoaffermazione di un paese in pieno sviluppo: realizzato in soli quattro anni, interamente costruito in cemento e acciaio, lungo 36 chilometri, alto 63 metri sul livello del mare, dotato di sei corsie di marcia e testato per resistere a tifoni, mareggiate e terremoti del settimo grado della scala Richter.

La struttura a forma di serpente dell'Hangzhou Bay Bridge, seconda al mondo solo al ponte sul lago Pontchartrain, in Louisiana (38,2 Km), è situata in una zona altamente strategica per l'incontrollato sviluppo economico cinese: questa faraonica striscia di asfalto riduce infatti la distanza fra Shanghai e Ningbo, le zone con il più alto indice di sviluppo (circa il 20% del P.I.L.), da 400 a soli 120 chilometri, evitando agli automezzi l'attraversamento del delta del fiume Giallo e tagliando drasticamente i tempi del trasporto merci. L'isola artificiale, situata al centro del ponte e dotata di hotel, centri commerciali e di una affascinante torre panoramica, dovrebbe inoltre servire, nei progetti delle numerose aziende private che hanno contribuito alla realizzazione dell'opera (il 35% del miliardo e mezzo circa di dollari, costo totale approssimativo), ad attirare ondate di turisti e a migliorare l'immagine della Cina nel mondo. La modesta impressione di chi scrive è che l'ultimo obiettivo degli investitori non sarà portato a termine; pur ammirando la rapidità dei lavori, l'acume geo-economico nella scelta del posizionamento dell'opera e l'innegabile fascino di un ponte che corre sopra il mare, difficilmente l'immagine cinese nel mondo potrà essere, soprattutto in questo momento, risollevata da una, pur straordinaria, opera architettonica. Non è un caso se la conclusione dei lavori è passata sotto silenzio sui nostri giornali; l'attenzione dell'opinione pubblica nel resto del globo è infatti orientata decisamente altrove: l'arrivo della torcia olimpica, salutato da apparentemente gioiose manifestazioni di giubilo, non ha risolto nessuna delle scottanti problematiche in cui il governo cinese si trova avviluppato e le autoritarie dichiarazioni che si sono susseguite rischiano di chiudere definitivamente quel gia piccolo spiraglio che era stato faticosamente aperto. Intimare ad una timida Unione Europea (che, al solito, non riesce a prendere posizioni comuni più decise di semplici inviti al buon senso) di non interferire riguardo questioni considerate esclusivamente interne, come quella del Tibet, e il continuo ed irritante rifiuto nel rispondere alle richieste di chiarimento sul campo del rispetto dei diritti umani non faciliterà certo i loro rapporti istituzionali ed economici al di là della grande muraglia.

Le autorità cinesi potranno anche rifiutare l'importazione delle nostre mozzarelle ma non possono più permettersi, ora che si sono aperti ai globalizzati rapporti economici mondiali, di richiudere le frontiere e tenere al loro interno tutto ciò che appare veramente marcio. L'obiettivo del ponte appena terminato è quello di accorciare le distanze sia dal punto di vista geografico che in maniera simbolica ma il risultato della loro politica è la creazione di un profondo solco nei rapporti istituzionali che rischia di allontanare nuovamente, e forse in maniera definitiva, la Cina dal resto del mondo.

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