Il 28 giugno 1914 Francesco Ferdinando d'Asburgo, erede al trono imperiale d'Austria-Ungheria, nato a Graz nel 1863, cadeva insieme alla moglie morganatica Sofia Chotek sotto i colpi di rivoltella di Gavrilo Princip, studente non ancora ventenne, membro di una societa' segreta di irredentisti serbi conosciuta come "La mano nera" o "Giovane Bosnia".
Quei colpi di rivoltella segnarono il destino di milioni di giovani di tutta Europa (e non solo d'Europa) che presero la vita nelle trincee o che rimasero segnati per sempre nel fisico o nella psiche; ma segnarono anche la fine di un continente cosi' come si era venuto strutturando nel corso dei secoli. "Fin che il mondo retto sia, vivra' l'Austria-Ungheria" recitava un vecchio proverbio, ma il mondo che doveva vedere la luce quattro anni dopo, alla fine del 1918, sara' completamente diverso da quello della Belle Epoque.
L'impero austro-ungarico, diretto discendente di quello di Carlo Quinto e indirettamente di quello di Carlomagno, si dissolvera'; l'impero tedesco, anch'esso con l'ambizione di rappresentare la continuita' con gli imperatori germanici medievali lascera' spazio ad una nuova Germania povera ed umiliata che si fara' ammaliare, di li a qualche anno, dalla voce metallica di Adolf Hitler; la Russia zarista diverra' l'Unione Sovietica leninista-stalinista; gli USA entreranno per la prima volta da protagonisti nella vita del Vecchio continente. Quattro anni dopo quei colpi di rivoltella grandi e piccole ricchezze si saranno dissolte e nuovi ricchi nasceranno grazie alle commesse di guerra. Il mondo non sara' piu' quello di prima.
E pensare che Francesco Ferdinando si fidava piu' dei suoi sudditi serbi e croati della Bosnia-Erzegovina che non certo degli italiani di Trento, Trieste e della Dalmazia e, tutto sommato, anche piu' dei boemi e degli ungheresi. La sua visita a Saraievo doveva essere una normale visita di cortesia ai "cari sudditi" da parte dell'erede al trono, in rappresentanza dell'anziano imperatore Francesco Giuseppe.
Non erano state prese particolari misure di sicurezza, nonostante, sembra, che i servizi segreti imperiali avessero subodorato qualcosa. I giovani della Mano nera erano in agguato fin dal primo mattino, aspettando l'automobile scoperta su cui l'arciduca austriaco si sarebbe recato in municipio, alle dieci di quel 28 giugno 1914. Ma l'attentato in Corso Voivoda, a colpi di bombe a mano, non riusci' e l'automobile giunse a tutta velocita' a destinazione.
Il destino volle che nemmeno a quel punto l'apparato di sicurezza, e con esso in primis l'arciduca, prese sul serio il pericolo. Invece di fermarsi in municipio, Francesco Ferdinando pretese di tornare sul luogo dell'attentato, per constatare le condizioni dell'aiutante di campo, ferito nell'esplosione. La macchina, incapace di fendere la gran folla presente sul Corso, devio' per una stradina stretta, via Re Pietro, anche questa piena di gente. Fu allora che Gavrilo Princip, che se ne stava tornando a casa, si trovo' accanto alla macchina che procedeva a passo d'uomo tra la calca. Due soli colpi di rivoltalla e l'arciduca e la consorte lasciarono questo mondo.
Gavrilo Princip non fu condannato a morte, perche', sia pur per poco, era ancora minorenne. Finira' i suoi giorni in carcere, credendo che l'esercito serbo, sconfitto da quello asburgico, non avrebbe mai visto la vittoria.