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editoriale
No tinc por
di Gabriele V. R. Martinelli

"No tinc por", "Non ho paura" hanno urlato migliaia di catalani all'indomani della strage di Barcellona. Nel grido c'era tutta la rabbia di chi vive in una tra le città più dinamiche e allegre del mondo e vorrebbe che lo restasse. C'era tutto l'orgoglio di chi non dimentica che proprio dal porto vecchio alla fine della Rambla partivano le flotte aragonesi per sfidare i pirati saraceni che infestavano il Mediterraneo.

Nella sua etimologia il termine "terrorismo" dà già la dimensione della partita che si vuole giocare. Lo abbiamo sperimentato noi italiani di una certa età quando eravamo ragazzi; ogni sera aspettavamo il telegiornale delle venti con il cuore in subbuglio, sapendo che probabilmente avremmo saputo di un attentato con la morte di qualcuno o, nei casi migliori, con la sua gambizzazione, come si diceva. Potevamo anche venire a sapere di un manifestante ucciso dalle forze di polizia o di un poliziotto caduto sotto i colpi dei manifestanti. Terroristi rossi e neri, funzionari dei servizi segreti deviati, giudici ideologizzati e giornalisti catastrofisti ci hanno rubato quegli anni che per convenzione poetica sono considerati i più belli, quelli della gioventù.

Proprio questo vogliono i terroristi islamici oggi. In qualsiasi città colpiscano, lo fanno tra giovani intenti a divertirsi in discoteca, come a Parigi, tra famigliole che passeggiano sul lungomare di Nizza, lungo la via dello shopping di Stoccolma, nel mercatino di Natale di Berlino o al centro di Londra. La loro speranza è quella di far sprofondare gli europei nell'angoscia, di rubar loro la serenità di chi vive semplicemente, cercando ogni tanto di svagarsi con una piacevole passeggiata.

Clinton, Bush ed Obama, premio Nobel per la pace, dimentichi della lezione del Viet-Nam, hanno scatenato guerre nell'intento di portare pace e democrazia e non hanno ottenuto né l'una né l'altra. Non sono più i tempi di Lepanto, quando si sapeva dove incontrare la flotta ottomana. Oggi il nemico può essere il tranquillo e simpatico giovane della porta accanto, che improvvisamente si trasforma in un carnefice. Contro questo nemico l'arma più potente è quella di seguitare a vivere serenamente, frequentando i posti dove si va normalmente e non lasciarsi vincere dal terrore, come quando negli anni Settanta i centri di troppe città alla sera si svuotavano subito dopo il tramonto.

"¿Donde va Vicente? Donde va la gente." diceva un vecchio proverbio spagnolo. Siamo tutti Vicente e andiamo dappertutto, senza paura.

articolo pubblicato il: 19/08/2017 ultima modifica: 27/08/2017

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