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come capire la caipirinha
di Alessandro Dell'Aira

Proprio così. La caipirinha è una sola e va capita. Il fatto che si prepara con la cachaça, le limette (una volta dette lumíe), lo zucchero di canna e il ghiaccio tritato, autorizza ogni barman a sostenere che ognuno è libero di farsi la caipirinha che gli pare. Più o meno forte, più o meno dolce, con più o meno limette, con altra frutta, con la cachaça o senza e cioè con vodka, whisky, rum, tequila e magari champagne. Caipirinha? È presto fatta. Bastano gli ingredienti, e avanti col blender e col tumbler.

Questa scuola di pensiero, diciamolo, è bassa cultura dello shakeraggio, pseudoliberale, tutt'altro che modernista. La caipirinha non è un drink e neppure un cocktail. E non è cosa, meno che mai, da frullatore. Non ci sono caipirosche o caipirissime che tengano.

La caipirinha è un'opera d'arte, è una sola e va capita. In Brasile è arcinoto, ma fuori del Brasile non tutti sanno che ai sensi del decreto federale 4851 del 2003, firmato dal presidente Lula, la caipirinha è bevanda tipica brasiliana a base di cachaça, e che per cachaça s'intende l'acquavite di canna prodotta in Brasile, in termini esclusivi e controllati. Come unica forma di flessibilità, il decreto prevede che la vera caipirinha di cachaça possa oscillare da un minimo di 15 a un massimo di 36 gradi alcolici a 20 gradi centigradi di temperatura, a parte il ghiaccio, le limette e lo zucchero.

Il legislatore, per forza di cose, sorvola su una questione fondamentale. La caipirinha va anche capita. E non è cosa semplice, perché il suo nome country è fuorviante per il resto del mondo. Caipirinha, alla lettera, vorrebbe dire cosetta, sfizio dei caipiras, i contadini dell'interno. In italiano sarebbe villanella, campagnola, bevanda genuina e sempliciotta. Ed ecco l'errore. La caipirinha è complicata da capire. Uno può andare con gli amici in pellegrinaggio nei santuari della cachaça, entrare in un locale di quelli giusti, ordinare la cena e chiedere di avere subito una caipirinha. E all'improvviso se la trova davanti, fresca e con le cannucce divaricate che pescano nel bicchiere imperlato, di quelli a bocca larga e scanalati come colonne doriche. Uno prende il bicchiere e lo porta al naso, s'inebria di caipirinha, perde la testa e si fa largo tra le cannucce per baciarla in punta di labbra, quindi resiste alla voglia di un sorso libero, si attacca alle cannucce e prosciuga tutto nel giro di dieci secondi. Senza capire niente.

È il momento di fare una riflessione. Perché le cannucce sono due? Semplice: per favorire il tiraggio. È un concetto caipira di oggi, valido pure per l'água de coco, ma è anche una legge della fisica. Con le cannucce in parallelo la caipirinha finisce subito, non la capisci e te ne serve subito un'altra. Per questa ragione c'è chi suggerisce di togliersi prima la sete con uno o due bicchieri d'acqua. Il sistema è fallace, perché appaga il desiderio con acqua volgare e pregiudica la capacità di capire la caipirinha. Perché, diciamolo, il desiderio sta a monte del ragionamento ed è premessa necessaria per capire le persone e le cose, tutte quante e non solo la caipirinha. Per capire ci vuole sempre tempo. In questo mondo consumista e frenetico del precotto, del voglio e bevo tutto subito, del kit per farsi la caipirinha sul treno con bicchiere di vetro incorporato, il concetto è complicato da capire. Per non dire che bere dell'acqua prima della caipirinha puzza di taccagneria, ed è anche mancanza di rispetto per le buone cose di ottimo gusto.

Fatta questa riflessione, ci permettiamo di suggerire che se si vuole capire la caipirinha si deve fare appello alla cultura della precarietà e della lentezza, che è cosa squisitamente umanistica, con un occhio rivolto, meglio ancora con due alle leggi della fisica, disposizione prettamente scientifica. Dobbiamo tuttavia confessare che alla soluzione che stiamo per proporre non saremmo mai giunti da soli. Abbiamo dovuto attingere alla saggezza caipira. Saggezza antica, lenta e generosa, inaccessibile agli umanisti europei che presumono di sapere tutto della natura e dei suoi sapori, al punto di illudersi che la bontà del cacio con le pere sia un'antica scoperta umanistica, da tenere accuratamente nascosta al contadino.

Ed ecco il trucco. Quando arriva la caipirinha, resistete alla tentazione di aggredirla. Lasciate passare qualche secondo, quindi sfilate con eleganza una cannuccia dal bicchiere e innestatela nell'altra, tenendo quest'ultima ferma dov'è, possibilmente al primo tentativo ed evitando di dare nell'occhio. Per fare questo è richiesta una certa abilità, che si ottiene esercitandosi in casa fino a raggiungere un buon livello di disinvoltura. Non occorre descrivere ai commensali l'operazione che state compiendo. Loro comunque penseranno che siete dei maleducati, perché avreste potuto servirvi di una cannuccia sola. In realtà si sbagliano, e voi siete dei pionieri. Se le cannucce sono del tipo a cucchiaino dal lato del pescaggio, l'operazione risulta più semplice. Con le cannucce normali è decisamente più complicato, ma non è il caso di fare drammi, non è come infilare il filo nella cruna dell'ago al primo colpo. Quando avrete finito sarete al centro dell'attenzione generale, ed è questo il momento di commentare il senso della vostra operazione. Fate riferimento ai cavi del computer, e spiegate agli amici che dai cavi con presa seriale passano meno informazioni rispetto ai cavi con presa parallela, e che la caipirinha in viaggio dal bicchiere alla bocca non è un pacchetto di informazioni binarie. Aggiungete che la connessione che avete realizzato tra le vostre due cannucce non è perfetta, e che lo sfiato della connessione sommato alla maggiore lunghezza della cannuccia rallenta il tiraggio e richiede più forza di aspirazione. Concludete chiarendo che, con il tiraggio precario, la caipirinha perviene alla bocca in minore quantità, e che proprio per questo disseta e soddisfa di più. Detto ciò, non avrete altro da aggiungere. Iniziate a degustare con il dovuto distacco, e cioè senza sollevare il bicchiere. Potete permettervelo. Nella vita è tutta questione di convenzioni. Farete scuola senza passare per taccagni. E ricordatevi che la caipirinha doc è definita per decreto, ma che ogni caipirinha va capita, e che la lentezza è garanzia di migliore conoscenza delle cose che sono in quanto sono, e di quelle che non sono in quanto non sono. Perché il piacere, diciamolo una volta per tutte, risiede sempre nell'indugio e nella lentezza.

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